Telegraph Cove

Telegraph Cove

Guidando per altri 200 km, si giunge ad uno dei paesini più graziosi dell’isola, Telegraph Cove, un villaggio di pescatori, pieno di case su palafitte di legno. Il nome gli deriva dalla piccola stazione telegrafica che in passato lo rese un luogo di riferimento per gli abitanti della zona. Oggi l’economia di Telegraph Cove si basa principalmente sull’eco-turismo. Situato in un’insenatura riparata all’estremità settentrionale di Johnstone Strait, di fronte all’arcipelago di Broughton, Telegraph Cove è un ottimo punto di partenza per tour nella natura selvaggia e per l’osservazione dei grandi animali marini, attratti qui dall’abbondanza di salmone migratore. In estate, le capriole e i giochi delle orche, nelle acque basse di Robson Bight, sono uno spettacolo irresistibile per grandi e bambini (vd. foto). Il paese si è attrezzato perfettamente per servire i desideri di osservazione dei turisti con una flotta che ogni giorno parte alla ricerca di orche, delfini, megattere e leoni di mare; flotta composta sia di kayak che barche e gommoni. Anche i safari per avvistare gli orsi grizzly partono in barca, diretti a Knight Inlet e alla Great Bear Rainforest, ai piedi della catena montuosa costiera continentale: questo il sito dell’agenzia: vancouverislandnorth.ca. Per approfondire la conoscenza dei mammiferi marini, la loro biologia, l’habitat e le minacce antropiche che devono affrontare, il punto di riferimento è il Whale Interpretive Centerhttp://www.killerwhalecentre.org – che ospita anche una delle migliori collezioni di scheletri di mammiferi marini della British Columbia.

Campbell River

Campbell River

Lasciando la costa occidentale, è necessario tornare sulla est coast dell’isola di Vancouver per raggiungere Port Hardy da cui imbarcarsi per la crociera dell’Inside Passage. Ma il tragitto sarà occasione per uno stop in due paesini della costa: Campbell River a 3 ore da Ucluelet, e Telegraph Cove che si raggiunge dopo ulteriori 200 km. Campbell River è considerato dagli abitanti della zona sud di Vancouver Island “le colonne d’Ercole della civiltà”, e ciò più che dissuadere, rappresenta un allettante incentivo per i viaggiatori desiderosi di esplorare luoghi meno turistici e più “primitivi”. Campbell River si fregia del titolo di capitale mondiale del salmone, come recita l’insegna di benvenuto in paese; è chiaro quindi che una delle principali attrattive della zona è la pesca, benché i turisti europei preferiscano piuttosto passeggiare, gelato alla mano, lungo il pittoresco molo del paese, Discovery Pier, osservando i canadesi intenti a pescare. Per un’immersione nella cultura locale c’è il Campbell River Museum che comprende materiale etnografico, storico, archeologico e d’archivio dell’area settentrionale dell’isola di Vancouver. Mezz’ora di auto vi porteranno nel più antico parco provinciale della British Columbia, lo Strathcona Provincial Park. Situato quasi al centro dell’isola di Vancouver, il parco è un’aspra zona montana selvaggia di oltre 250.000 ettari. Le cime delle montagne innevate, tra cui spicca per altezza il Golden Hinde, 2200 metri, dominano la scena. Laghi e laghetti alpini punteggiano un paesaggio costellato di fiumi e torrenti. Paradiso dei trekker, Strathcona offre sia percorsi family friendly come la Paradise Meadow Loop, una facile passeggiata lungo prati fioriti, che escursioni più impegnative come l’ascesa del Monte Becher, 6 km, con spettacolare vista sulla valle e sullo Strait of Georgia: tutte le info qui: https://bcparks.ca/explore/parkpgs/strath.

Ucluelet

Ucluelet

Dopo la visita alla città, si sale in auto, direzione Ucluelet sul lato ovest dell’isola, caratterizzato da un ambiente molto differente rispetto al lato est. La catena montuosa dei Vancouver Island Ranges, che percorre l’isola nella sua interezza, crea una barriera per le forti correnti umide provenienti dal Pacifico che non riescono a raggiungere il lato orientale. La conseguenza è un’isola divisa in due. Il lato sud est ha un clima asciutto, sempre soleggiato. Mentre la costa occidentale è annoverata tra le regioni più umide del mondo, dopo i territori equatoriali. Anche la geografia umana è diversissima: a sud est è un susseguirsi quasi ininterrotto di cittadine come Victoria, Nainamo, e tipiche little town dei consumi in cui trovano posto il benzinaio, il rivenditore d’auto, i Diners, supermercati e drugstore. Mentre il lato ovest dell’isola ha solo due piccoli centri: Tofino e Ucluelet, che vivono di turismo in gran parte sportivo. Ucluelet è la meno modaiola dei due, nonostante abbia molte frecce al suo arco: le alte onde del Pacifico sono una sfida per i surfisti (vd.foto), ma il territorio si presta anche a varie attività come skateboard, kajak, bici, escursionismo, equitazione. Ci troviamo nel cuore del Pacific Rim National Park Reserve, il parco che si estende per 500 km sul lato ovest dell’isola di Vancouver. Per avere un assaggio della sua bellezza si può percorrere il Wild Pacific Trail, un comodo sentiero adatto alle famiglie e accessibile anche alle persone con mobilità ridotta. I circa 9 km sono un continuo di scene mozzafiato; si cammina lungo l’oceano, lambito dall’imponente foresta pluviale, lungo il percorso un faro, e stupende vedute sul Barkley Sound e sulle Broken Group Islands. Maggiori info: https://www.discoverucluelet.com/play-in-ucluelet/nature/page/wild-pacific-trail. Molto più difficile il celebre West Coast Trail, un itinerario escursionistico di 75 km che mette a dura prova il trekker. È un percorso emozionante, ma anche molto impegnativo, per camminatori esperti, dal momento che vi sono tratti in terreni accidentati, nel fango, guadi nei torrenti; eppoi le piogge sono frequenti e la temperatura può abbassarsi notevolmente anche in piena estate, quindi il rischio di ipotermia è dietro l’angolo. Sul sito ufficiale, oltre a tutte le informazioni, troverete anche un utile video di preparazione al percorso: https://www.pc.gc.ca/en/pn-np/bc/pacificrim/activ/SCO-WCT.

Isola di Vancouver-Victoria

Isola di Vancouver-Victoria

Da Vancouver si raggiunge l’isola omonima con il traghetto che, soprattutto in estate, effettua numerose corse giornaliere (info qui). Il passaggio marittimo è molto bello e vale già da solo la visita a questa grande isola, nella quale si trova la capitale della British Columbia, Victoria. Conosciuta come “città giardino”, questa coloratissima cittadina affacciata sull’oceano, ha uno dei climi più miti del Canada. Tanto tempo prima dell’arrivo dei navigatori europei alla fine del XVIII secolo, nell’area di Victoria vivevano vari gruppi familiari di nativi, tuttora la città mantiene profondi legami con la cultura indigena ed è sede di diversi gruppi delle Prime Nazioni. Da visitare in città: il Royal Bc Museum, il più bel museo della regione; il Parliament Building, un complesso di edifici in stile neobarocco; i Butchartgardens, 22 ettari di giardini fioriti tutto l’anno con tulipani, narcisi e giacinti e rose, creati negli anni 10 del XIX secolo in un’ex cava di calcare.

Attenzione alla maledizione di Montezuma

Attenzione alla maledizione di Montezuma

Vi starete chiedendo: “Ma Montezuma non era dell’America Latina?” Si, ma la “diarrea del viaggiatore“, a cui suo malgrado il re azteco ha prestato il nome, non ha confini e può scattare ogni qual volta entriamo in contatto con batteri presenti nell’acqua ai quali non siamo abituati. A Samarcanda, come in molti paesi del Medio Oriente, è necessario fare particolare attenzione ad alcune regole basilari per non incorrere nella spiacevole sindrome addominale. Non bevete acqua dal rubinetto, ma preferite sempre acqua in bottiglia, accertandovi che il tappo sia chiuso. Al bar o al ristorante ordinate solo bevande sigillate, sia in lattina che in bottiglia. Evitate bevande con l’aggiunta di ghiaccio, limone, arancia ecc. Non mangiate la frutta con la buccia e lavatela con acqua imbottigliata. Non mangiate cibi crudi, soprattutto la verdura. Non lavate i denti con l’acqua del rubinetto, ma preferite dell’acqua in bottiglia. Molti viaggiatori esperti prima di partire per “obiettivi sensibili” assumono preventivamente dei fermenti lattici per una o due settimane in modo da rafforzare la flora intestinale. È inoltre opportuno stipulare un’assicurazione sanitaria prima di partire per coprire le spese mediche o l’eventuale rimpatrio in caso di malattia/infortunio.

La Grotta di Re David

La Grotta di Re David

A circa 40 km di distanza da Samarcanda si trova uno dei più celebri luoghi santi dell’Uzbekistan: la Grotta di Hazrat Daud. Hazrat Daud è il re biblico Davide, una figura venerata dalle religioni abramitiche. La grotta, quindi, è meta di pellegrinaggio di fedeli dell’Islam, ma anche dell’Ebraismo e del Cristianesimo. Che ci si vada spinti da motivi religiosi o che ci si vada per un interesse storico-culturale, è bene sapere che l’ascesa alla grotta di re David non è una passeggiata. È necessario salire gli oltre 1300 gradini per raggiungere la prima tappa: un’antica moschea in cima al monte. Dopo aver visitato il tempio, bisogna fare ancora scale, circa 200, questa volta in discesa, per visitare la grotta di Hazrat Daud. La grotta ha una forma a tunnel, stretta e lunga – circa una sessantina di metri – sulle pareti vi sono delle impronte ritenute appartenenti al santo; la credenza vuole che chi le tocca avrà esaudito ogni desiderio. Intorno al sito è fiorito un piccolo commercio: noleggio di bestie da soma per salire comodamente in groppa ad un asino o un cavallo, bancarelle che vendono souvenir, acqua, erbe officinali di montagna, pelli di animali selvatici e tessuti. Ma perché David si rifugiò nella grotta? Le leggende sono varie. C’è chi dice che abbia raggiunto le montagne per sfuggire l’ira degli zoroastriani, che lo perseguitarono in quanto predicatore di una religione monoteistica. Chi invece sostiene che abbia scelto l’impervio rifugio per riposare prima della battaglia con Golia. Per visitare la Grotta di Re David ci si può servire di un’agenzia turistica; il tour che parte da Samarcanda dura 6 ore; si raggiunge la meta in minivan o in auto a seconda del numero di partecipanti; info qui: https://globalconnect.uz/day-tour-to-hazrat-daud-cave.

Urgut e il giardino di platani Chor-Chinor

Urgut e il giardino di platani Chor-Chinor

Una facile gita fuori città può essere la visita dell’antica cittadina montana di Urgut con il suo splendido giardino Chor-Chinor, a soli 50 km a sud-est di Samarcanda. Il parco di alberi giganteschi è considerato un luogo mistico e magico dagli ubzeki. I miti di fondazione si sprecano; una leggenda vuole che sia nato intorno a una pietra magica, sottratta agli spiriti maligni da un eroe della mitologia uzbeka. Non appena la pietra venne appoggiata a terra, sgorgarono delle sorgenti, quindi l’eroe piantò delle talee di platano portate da quattro uccelli, dando vita al giardino. Quale sia l’origine del boschetto, certo essa si perde nella notte dei tempi dato che è pieno di alberi millenari e centenari. L’albero più vecchio del parco ha 1060 anni. Un’altra mostruosità botanica del giardino è un platano gigante, la cui circonferenza alla base misura 16 metri. I visitatori possono entrare fisicamente nell’albero, accedendo, tramite una porticina di legno, in un ambiente scavato nel tronco, dove in passato c’era una scuola sufi. Il posto continua ad essere meta di pellegrinaggio; persone provenienti da tutta l’Asia centrale visitano questo luogo particolarmente adatto per la sua atmosfera tranquilla alla meditazione e alla preghiera. Nel parco troverete anche una moschea costruita all’inizio del XX secolo su un piccolo pendio. Urgut si trova a mille metri di altezza ed è circondata da montagne; il centro è piccolo e non offre monumenti importanti, nonostante ha un buon afflusso turistico, grazie soprattutto all’artigianato locale, di antichissima tradizione, e al grande bazar dove è possibile fare ottimi acquisti: tappeti, ricami, scarpe di cuoio fatte a mano, gioielli, e soprattutto splendidi manufatti in ceramica dipinti.

Museo Statale di Storia e Cultura dell’Uzbekistan

Museo Statale di Storia e Cultura dell'Uzbekistan

Dopo aver visitato tanti luoghi e monumenti della città, se vi verrà voglia di approfondire la conoscenza della storia e della cultura della nazione potete fare una tappa allo State Museum of Culture History of Uzbekistan, uno dei più antichi musei del paese, fondato nel 1896. È diviso in aree tematiche: dipartimento di storia, dipartimento di arte, dipartimento di archeologia, etnografia, arti applicate, numismatica. La ricchissima collezione comprende rari reperti come le tre coppe d’argento del V-VI secolo trovate nell’insediamento Chelek a Samarcanda, pezzi di gioielleria dell’età del bronzo, assari zoroastriani, oggetti di culto, scacchi dell’VIII secolo, ceramiche antiche e medievali, metallo e vetro, e anche decorazioni ganch. Particolarmente ricco il fondo numismatico con oltre 30.000 monete dei primi stati dell’Asia centrale, ma anche monete provenienti dai territori del Mar Nero, dell’antica Grecia e dell’antica Roma. La collezione etnografica ha circa 20.000 capi di abbigliamento, molti ricami in oro e tappeti del XIX-XX secolo. Oltre al patrimonio antico, nel museo è visitabile la pinacoteca con dipinti di noti artisti uzbeki dell’inizio del XX secolo; è inoltre possibile vedere il filmato dell’apertura della Tomba di Tamerlano, girate dal cameraman Malik Kayumov, nel 1941. Il Museo è aperto ogni giorno dalle 09.00 alle 17.00. L’indirizzo è: 148, M.Ulugbek str., Samarkand. Nella pagina seguente troverete recapiti telefonici ed email: https://www.museum.com/jb/museum?id=26809.

Degustazione di vini

Degustazione di vini

Forse non tutti sanno che l’Uzbekistan è uno dei maggiori produttori di uva dell’Asia Centrale, con oltre 131 mila ettari vitati, 43 varietà di uva e una produzione di 20,7 milioni di litri di vino. Il paese ha una tradizione vinicola antichissima, le cui origini sono avvolte nel mito. Si narra che all’epoca delle invasioni arabe, un’orda distrusse Samarcanda, riducendo in cenere le abitazioni e uccidendo la maggior parte degli abitanti. Fu allora che avvenne un miracolo: nelle terre circostanti la città apparve una vite magica con bacche rosa e succose. L’uva venne battezzata “Taifi”, che significa “tribù“, come segno di orgoglio di appartenere ad un popolo che era stato messo a dura prova dalle distruzioni operate dagli invasori. Questa la leggenda. La storia invece ci dice che furono proprio gli arabi a portare il vitigno rosa nell’Asia Centrale e in Uzbekistan. Per avere un’idea di questo importante patrimonio vitivinicolo, in città si può visitare l’antica vineria Khovrenko, dove è possibile degustare vini e le novità che ogni anno l’azienda propone sul mercato. La storia della cantina inizia nel 1868, quando un mercante russo, Dmitriy Filatov, fondò una piccola impresa per la produzione di vino a Samarcanda, ottenendo importanti riconoscimenti con il “Vino di Samarcanda dei giardini di Filatov“, premiato alle gare mondiali di Parigi e Anversa. Ma il vero decollo della cantina si ebbe nel 1927, quando venne rilevata dallo scienziato, enologo e chimico russo Michael Khovrenko che introdusse nuovi vitigni e produsse dei celebri vini come: Gulyakandoz, Shirin, Liquor Kaberne, Aleatiko, Uzbekistan e Farkhod. Oggi le bottiglie storiche si possono ammirare nel Museo della cantina dove sono custodite con grande cura le più importanti annate delle etichette dell’azienda. Per visitare l’antica vineria Khovrenko la maniera migliore è partecipare ai tour in cui viene spiegata la storia dell’azienda e della vinificazione a Samarcanda, si visita il museo del vino, e poi si passa nella sala degustazione per assaggiare i vini e i cognac prodotti nello stabilimento, e il famoso Balsamo Samarcanda, fatto con 40 erbe, uva e miele. Le aziende che organizzano tour sono varie; tra esse: https://www.centralasia-travel.com/en/mice/master-class/hovrenko.

Moschea Hazrat Khizr

Moschea Hazrat Khizr

Su una collina vicina ad Afrasyab si trova la Moschea Hazrat Khizr, uno degli edifici religiosi musulmani di Samarcanda di più antica fondazione. La moschea fu costruita nell’VIII secolo all’ingresso della città, venne però distrutta nel XIII sec. dall’orda di Gengis Khan. Rimasta un rudere per centinaia di anni venne ricostruita a metà 1800. Gode di una formidabile posizione panoramica con una vista sull’antica città di Afrasyab e sulle principali attrazioni di Samarcanda: Piazza Registan, Mausoleo di Shahi Zinda e complesso architettonico di Bibi Khanum; molti raggiungono il luogo solo per scattare fotografie. Eppure nonostante non si tratti di una moschea realmente antica vale la pena di essere visitata. Hazrat Khizr, in arabo luce verde, è un profeta musulmano, patrono dei viaggiatori, signore delle acque e della ricchezza. Secondo una leggenda popolare, Khizr era nell’esercito di Alessandro Magno e aiutò il grande comandante a trovare la fonte di acqua in Asia centrale. La moschea presenta degli esterni bellamente decorati e variopinti, l’interno è piccolo e raccolto; accanto si trova un antico cimitero. Moschea e cimitero fanno parte della lista World Heritage Unesco. Orari di apertura – 8:00 – 18:00. Per visitarla si paga un ticket dal costo molto ridotto.

Osservatorio di Ulugh Beg

Osservatorio di Ulugh Beg

Bisogna raggiungere una collina a due chilometri dalla città per visitare ciò che resta dell’Osservatorio costruito nel XV secolo da Ulugh Beg, nipote di Tamerlano, un regnante “illuminato” dall’immensa cultura: astronomo, matematico e mecenate delle arti. Quando venne completato, nel 1429, era considerato dagli studiosi uno dei migliori osservatori del mondo islamico. Ulugh Berg rese Samarcanda, negli anni 1420 – 1430, la capitale astronomica del mondo, profondendo tutte le sue energie nell’osservazione del cielo. Fu uno dei primi a costruire strumenti astronomici montati in modo permanente, come il cosiddetto sestante Fakhri: un arco di pietra di 60 gradi utilizzato per determinare le quote di transito delle stelle; la cosa impressionante era il suo raggio di 40 metri! Il re-scienziato aveva inoltre catalogato oltre 1000 stelle, la più grande impresa del genere eseguita dopo Tolomeo (ca. 170 d.C.). Purtroppo il suo regno fu breve, fu fatto uccidere dal figlio, ‛Abd al-Latif, che prese il suo posto. L’osservatorio fu raso al suolo, la sua biblioteca saccheggiata e gli scienziati cacciati. Per centinaia di anni, il sito è rimasto sotterrato e solo pochi sapevano che era lì, finchè nel 1908 l’archeologo Vassily Vyatkin scoprì ciò che restava di questo grandioso osservatorio medioevale. Oggi è possibile visitare gli scavi archeologici con l’incredibile sestante murario, l’annesso museo dove sono conservati alcuni lavori di Ulugh Beg e un grande astrolabio. Orari di apertura – 9:00 – 18:00.

Il Mausoleo di Khodja Doniyor

Il Mausoleo di Khodja Doniyor

Non è famoso come i monumenti di cui abbiamo scritto fin qui, ma vale comunque una visita sia per l’importanza del personaggio a cui è dedicato, il profeta Daniele, sia perché da secoli il luogo è meta di pellegrinaggio di ebrei, cristiani e islamici. Si narra che fosse Tamerlano a portare le reliquie di Daniele a Samarcanda – trasferendole da Susa in Persia – affinché sulla città, che aveva eletto capitale dei suoi sterminati domini asiatici, calasse la protezione del santo. Per custodire i resti del profeta, fece costruire un mausoleo. In realtà che questa sia le vera tomba del profeta non è assolutamente certo, in quanto la sua sepoltura è contesa da diverse altre località nel mondo. Sicuramente Khodja Doniyor può vantare il primato di aspirante tomba di Daniele più lunga della terra, dato che misura ben 18 metri! Perché è così lunga? Le versioni sono tante, però prima cosa bisogna fare chiarezza sul contenuto. C’è chi dice che vi sia custodito il corpo del santo chi invece il braccio. Una teoria vuole che ciò che è sepolto – corpo o braccio – cresca di un centimetro ogni anno. Altri sostengono che il profeta sia stato un gigante. Altri ancora forniscono una spiegazione più materialistica: con queste dimensioni trafugare la tomba è più difficile. Il mausoleo è stato recentemente restaurato. Il posto come abbiamo scritto è meta di pellegrinaggio da secoli: c’è chi viene a pregare, chi a chiedere guarigioni miracolose. Nell’antichità era anche un eremitaggio: chi voleva purificarsi spiritualmente rimaneva lunghi periodi nelle celle scavate nel fianco della collina per dedicarsi alla preghiera e alla lettura dei libri sacri.

Gur-e Amir

Gur-e Amir

Il Gur-e Amir, in tagiko Tomba del re, è il mausoleo di Tamerlano il grande conquistatore mongolo che nel Medioevo assoggettò larga parte dell’Asia centrale e occidentale, fondando l’Impero timuride. Tamerlano, le cui gesta furono tanto eclatanti da avere una forte eco anche in Europa, si considerava un discendente della stirpe di Genghis Khan e lo scrisse nero su bianco sul suo mausoleo. Questo personaggio titanico continuò a far valere la sua potenza anche dopo morto. Sulla sua tomba gravava una maledizione: guai e tragedie per chi l’avesse violata. “Chiunque violerà la mia quiete in questa vita o nella prossima, sarà soggetto ad inevitabili punizioni e miseria” riporta un’iscrizione all’interno. E sembra proprio che il terribile Tamerlano abbia più volte colto nel segno. Il settecentesco signore della guerra persiano, Nadir Shah, solo per aver tentato di aprirla morì assassinato. E la “violazione” per mano sovietica il 19 giugno 1941 avrebbe addirittura scatenato tre giorni più tardi l’Operazione Barbarossa, ovvero l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica. Al di là di queste spigolature horror, il Gur-e Amir è un monumento di grande valore, non solo storico, in quanto vi riposano i resti del celebre condottiero asiatico, ma anche sotto il profilo artistico, essendo diventato un modello di grande successo per l’architettura islamica. Il Taj Mahal ad Agracome e le grandi tombe Mughal di Humayun a Delhi sono ispirati al Gur-e-Amir. Le linee semplici enfatizzano la solenne monumentalità dell’edificio, coronato da una cupola blu brillante, innervata da profonde scanalature a coste che le conferiscono una sorprendente espressività. Le pareti esterne sono vivacemente decorate con piastrelle azzurre e bianche, organizzate in ornamenti geometrici ed epigrafici su uno sfondo di mattoni in cotto. La prima parte del complesso risale alla fine del XIV secolo, ne fanno parte le fondamenta della madrasa e del khanaka, il portale d’ingresso riccamente decorato con mattoni intagliati e vari mosaici, e uno dei quattro minareti. All’interno il mausoleo presenta un’incredibile ricchezza decorativa in contrasto con la semplicità dell’ambiente: una camera alta e grande con profonde nicchie ai lati. La parte inferiore delle pareti è ricoperta da preziose lastre di onice a loro volta decorate con raffinati dipinti.

Siab Bazaar

Siab Bazaar

In tutti i nostri articoli di viaggio consigliamo di visitare il mercato – o i mercati – locali per entrare subito nello spirito del luogo. A Samarcanda questo è ancora più vero. Essendo stata la città uno snodo cruciale lungo la Via della Seta, il Bazaar è uno dei luoghi più interessanti e antichi da vedere, dove le spezie, i tessuti, la frutta secca, la verdura, i manufatti artigianali, i colori straordinari, gli aromi intensi catturano i sensi del visitatore in maniera immediata appena varcato l’arco decorato con mosaico azzurro dell’ingresso principale. L’area del mercato è davvero grande; è una immensa superficie coperta, aperta sui lati, composta da ordinate file parallele di banchi per la vendita. Le file commerciali sono suddivise in base ai tipi di merci. Vi invitiamo e cercare subito la fila del pane per stupirvi della varietà di pani locali, circa 17, dalle forme, decorazioni e sapori più diversi. Se i pani di Samarcanda sono tanti, le spezie sono innumerevoli e altrettanto varia è la frutta secca; questo perché sono le merci intorno alle quali si è formato il mercato. Troverete anche alcune dolcezze “esotiche”, che sono diventate di casa qui dall’epoca degli antichi scambi commerciali: il navat, zucchero d’uva aromatizzato da spezie, il kazinaki, barrette di frutta secca e miele, parvarda, caramelle fatte con zucchero e succo di limone, pashmak, un dolce composto da fili di zucchero. Ovviamente come ogni mercato orientale che si rispetti è possibile assaggiare i prodotti prima dell’acquisto e contrattare sul prezzo fino allo sfinimento. E infine: quale occasione migliore per provare la cucina nazionale “espressa”! Il loro fast food o street food, come meglio vi va di chiamarlo, è veramente ottimo. Kebab, pilaf, zuppa shurpa, noodles lagman in zuppa di carne e verdure, pasticcini somsa, pasta al vapore khanim con verdure, il tutto accompagnato da tè verde. E dopo aver fatto il pieno di vertiginosi aromi e sapori, c’è tempo ancora – il mercato chiude di sera tardi – per cercare qualcosa da portare con sé, dirigendosi nella parte del bazaar dedicata all’artigianato. Da visitare anche soltanto per vedere gli artigiani all’opera; che siano lavori di incisione, intaglio o decorazione, la loro abilità e attenzione ai dettagli è magistrale. Come trovare Siab Bazaar? È vicinissimo alla grande moschea di Bibi-Khanum e alla moschea Hazrat Khizir; sono pochi minuti a piedi, l’olfatto vi guiderà! Quando è aperto Siab Bazaar? Tutta la giornata. I venditori giungono prima dell’alba e vanno via solo a tarda sera. È proprio il caso di dire che è un mercato che “non dorme mai”.

Moschea Bibi Khanum

Moschea Bibi Khanum

La Moschea Bibi Khanum, costruita tra il 1399 e il 1404, nel centro di Samarcanda, è la più grande del suo genere in Asia centrale, misura 109 x 167 metri e può ospitare quasi 10.000 fedeli. Fu costruita sotto il regno di Tamerlano (Timur in persiano) ed è stata completamente restaurata in anni recenti. Un cronista contemporaneo riferisce che il sovrano affidò il progetto ad architetti iraniani e indiani e utilizzò novantacinque elefanti per trasportare il materiale da costruzione. Altri dicono che sia stata edificata dalla moglie di Tamerlano, Saray Mulk Khanum (da cui il nome di Bibi Khanum). Qualunque sia la verità, la costruzione della moschea corrisponde all’anno successivo della campagna di Delhi dalla quale Tamerlano riportò un enorme bottino. Ma la costruzione di quest’opera non fu senza ostacoli; quando fu completato il portale di ingresso, Tamerlano lo trovò indegnamente basso e lo fece demolire, poi tagliò la testa ai responsabili. E affinché l’errore non si ripetesse, si occupò personalmente di assumere gli operai addetti ai profondi scavi necessari per ingrandire la porta; e per spronarli nelle loro fatiche, gli lanciava carne e monete d’oro. La costruzione della moschea terminò nel 1405, lo stesso anno in cui Tamerlano morì di febbre durante la sua campagna in Cina. Ma l’edificio era evidentemente nato sotto una cattiva stella e ben presto iniziò a mostrare segni di instabilità, la cupola iniziò a sgretolarsi facendo piovere pietre sui fedeli. Gli architetti, spinti dal desiderio di gigantismo del leggendario conquistatore, avevano reso la struttura troppo grande per sopportare il proprio peso e non sufficientemente stabile per un territorio spesso e volentieri scosso da terremoti. I successori di Tamerlano, impegnati in lotte intestine, non avevano né i mezzi né la motivazione per puntellare l’edificio che stava lentamente crollando. Nonostante ciò la sua distruzione fu un processo lento, sembra che la moschea sia stata usata almeno fino al XVII secolo, quando Yalangtush Bakhodur e costruì la nuova moschea Tilla Kori. Da quell’epoca in poi la moschea, che era stata il sogno megalomane di Tamerlano, languì nel cuore di Samarcanda, costantemente saccheggiata dei suoi marmi e materiali preziosi. Alla fine dell’Ottocento un terremoto le diede il colpo finale, abbattendo l’arco interno dell’ingresso principale. Sebbene fosse ancora in piedi, la cupola principale era lacerata da crepe e il tamburo stava per collassare. Rimase in questo stato fino agli anni 70, quando i sovietici puntellarono la struttura in rovina. La ristrutturazione avvenne negli anni ‘90, sotto il governo del primo presidente dell’Uzbekistan, Islam Karimov, che intraprese un’ampia opera di restauro degli edifici dell’era timuride.