Teatro Lauro Rossi

Teatro Lauro Rossi

L’intitolazione al musicista e compositore locale Lauro Rossi è del 1884; la storia del teatro di Macerata però comincia nel XVI secolo, più di 200 anni prima. Per la precisione nel 1662, quando l’allora Governatore della città, Mons.Agostino Franciotti, dispose la realizzazione di un teatro stabile nella Sala Grande del Palazzo del Magistrato. Tuttavia, a poco più di un anno dal termine dell’opera, il teatro venne demolito per realizzarne uno più grande al fine di soddisfare la crescente domanda di spettacolo dei maceratesi. Stavolta, il teatro rimase operativo un secolo, per l’esattezza 101 anni, dal 1664 fino al 1765, anno in cui un gruppo di nobili diede l’incarico ad Antonio Galli detto “il Bibiena” di realizzare un teatro più grande di quello esistente. E qui comincia un’altra storia perché, al netto dei restauri che inevitabilmente sono stati necessari nei secoli successivi, il disegno del teatro di Macerata è rimasto quello del Bibiena. Disegno che si discosta alquanto dalla maggior parte dei teatri marchigiani, a cominciare dal colore. Nel teatro Lauro Rossi di Macerata dominano il celeste e il dorato, anziché il rosso come solitamente avviene. Va da sé, non ci sono solo gli aspetti cromatici. Anche i sotterranei del teatro meritano una visita: 600 metri quadrati lungo i quali si susseguono una serie di locali d’epoca realizzati con le finalità più diverse: macelleria, spezieria, forno. Questa galleria, rinominata appunto “Antichi Forni”, è oggi usata come spazio espositivo di mostre temporanee ed eventi culturali.

Piazza della Libertà

Piazza della Libertà

Convenzionalmente la visita di Macerata comincia da Piazza della Libertà che, da cuore nobile al tempo delle signorie, si è trasformata nel cuore civile della città: non solo perché vi si affaccia il palazzo comunale, ma anche -soprattutto- perché è il principale luogo di ritrovo dei maceratesi; il punto cittadino con la maggiore concentrazione di bar, enoteche e ristoranti. Come in tutte le piazze rinascimentali è circondata dai principali edifici della città: oltre al già citato Palazzo del Comune, la loggia dei Mercanti, il Palazzo della Prefettura, la Chiesa di San Paolo, la Torre dell’Orologio (di cui è possibile visitarne l’interno e salire fino alla sommità) e il Teatro Lauro Rossi. Di quest’ultimo parleremo più diffusamente nel prossimo paragrafo.

Occhio a dove si fuma

Occhio a dove si fuma

Singapore è una meta turistica internazionale ma non è assolutamente una località libertina. C’è molta attenzione alla morigeratezza di costumi (per dirne una, camminare nudi è reato perfino in casa); il consumo di droga è severamente proibito; l’omosessualità un tabù e, come non bastasse, ci sono tutti una serie di divieti a cui conviene attenersi scrupolosamente pena multe salatissime. Tra questi, fumare, sia all’aperto che al chiuso, fuori delle zone destinate ai tabagisti.  

Venire per pochi giorni

Venire per pochi giorni

Dalla Singapore Flyer, la ruota panoramica dell’isola, all’1-Altitude, il bar in terrazza più famoso di Singapore (quella dei bar in terrazza è una moda assai diffusa sull’isola), fino alle innumerevoli opportunità di svago della vita notturna, sono tante le cose da fare e vedere a Singapore su cui non ci siamo soffermati. Un indizio del fatto che un soggiorno sull’isola deve essere almeno di 7 giorni a meno che, ovviamente, la visita non sia inserita in un tour più ampio.

Singapore Zoo

Singapore Zoo

Lepori, bradipi, pipistrelli, tigri, oranghi, babbuini, elefanti eccetera: sono oltre 4.000 gli animali presenti nel Singapore Zoological Gardens (o Mandai Zoo, come viene chiamato localmente). Gli ettari del parco sono 28 e spiccano subito all’occhio gli elevati standard di cura e manutenzione sia della vegetazione tropicale che degli stessi animali. Animali che, particolare di non poco conto, vivono in semi-libertà in ambienti che riproducono al meglio l’habitat di ciascuno. La visita al Singapore Zoo porta via almeno mezza giornata e prevede diverse formule: a piedi, in tram o, la più gettonata, di notte. Il Night Safari è un’esperienza assolutamente coinvolgente da fare, anche questa, sia a piedi che a bordo di un tram stile Jurassic Park. Va da sé, considerando l’elevata affluenza, conviene prenotare prima anche se non con eccessivo anticipo, poiché le attrazioni e i percorsi del parco sono in costante aggiornamento. Per maggiori informazioni: Mandai Singapore Zoo.

Sentosa

Sentosa

Sentosa in malese significa “tranquilla” ma quest’isola a sud di Singapore tranquilla non lo è più da tempo. Negli anni si è trasformata in una gigantesca fabbrica del divertimento aperta tutto l’anno per turisti e residenti che vi si riversano ogni fine settimana. Le attrazioni sono davvero innumerevoli, tant’è che è impossibile citarle tutte: le più famose sono senza dubbio gli Universal Studios e il Sea Acquarium. Il primo è un parco a tema diviso in sette differenti aree che vanno dall’Antico Egitto alla riproduzione del celebre “Madagascar”, film d’animazione del 2005 prodotto dalla DreamWorks; il secondo, invece, è un acquario diviso in dieci diversi habitat organizzati lungo un percorso ad anello. Non mancano le spiagge: sono tre e soddisfano le diverse esigenze degli ospiti: Siloso Beach è la spiaggia degli sportivi; Palawan Beach è più adatta per le famiglie ed è famosa per il suo ponte sospeso; Tanjong Beach, infine, è la meno affollata delle tre. Meritano una visita anche le isolette di St. John’s e Kusu a sud di Sentosa e facilmente raggiungibili in pochi minuti di navigazione. Detto delle attrazioni turistiche, la popolarità di Sentosa passa anche dalla politica internazionale: nel 2018, infatti, sull’isola, presso l’Hotel Capella, si tenne uno storico incontro tra l’allora Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il Presidente della Corea del Nord Kim Jong-un.

Kampong Glam

Kampong Glam

Dopo Chinatown è la volta di Kampong Glam, il quartiere arabo di Singapore. L’etimo deriva dal malese: “Kampong” sta per villaggio; mentre “Glam” è un albero da cui i malesi storicamente ricavavano il legno per la costruzione di barche. Analogamente a quanto fatto con la comunità cinese, anche in questa parte dell’isola, l’amministratore coloniale Raffles lasciò che gli abitanti si organizzassero secondo i propri usi e costumi. Anzi, fu durante il periodo coloniale che affluirono a Singapore nuovi abitanti provenienti da Sumatra, Java e lo Jemen andando così a infoltire la comunità musulmana già presente. Tuttavia, anche qui l’avvento del turismo ha in parte cambiato le coordinate sociali: bar, bistrò e locali di tendenza oggi convivono fianco a fianco con attività economiche più tradizionali e, va detto, non sono mancati i problemi legati soprattutto alla diffusione dell’alcol, pratica vietata dall’Islam. Molte le cose da vedere: in primis, la Sultan Mosque con la sua inconfondibile cupola dorata a cipolla; poi il Malay Heritage Centre, museo che appunto ripercorre la storia della comunità malese; infine, ma solo per ragioni espositive, Arab Street e Little India che, seppur oggi strade turisticamente avanzate, non hanno perso il loro fascino esotico. In ultimo, visto che lo abbiamo citato più volte, una dritta: poco distante da Kampong Glam c’è il Raffles Hotel, dal nome del fondatore di Singapore. Per decenni è stato l’albergo più importante dell’isola ma anche oggi che non lo è più conserva un fascino notevole agli occhi dei visitatori che giornalmente ne affollano la hall. Da vedere!

Botanic Gardens

Botanic Gardens

Fondati nel 1859 in piena epoca coloniale, i Botanic Gardens hanno rappresentato un importante snodo nella modernizzazione di Singapore. All’inizio, la mission fu soprattutto quella di raccogliere, coltivare, sperimentare e distribuire piante utili alla popolazione locale. A questa prima fase corrispondono le piantagioni di caucciù fino ad allora sconosciute sull’isola. Nel giro di pochi anni, il caucciù passò dall’essere una coltura solo locale a un ambito regionale molto vasto, diventando un raccolto importante in tutto il sud-est asiatico. Dopo il caucciù fu la volta delle orchidee, fiore simbolo di Singapore, il cui allevamento è ancora centrale nella produzione vivaistica di questi giardini (da vedere il National Orchid Garden) che, ricordiamolo, dal 2015 sono Patrimonio UNESCO. Va da sé, parliamo di oltre 70 ettari di parco con diversi ingressi e altrettante sezioni, motivo per cui è fondamentale sapersi almeno un po’ districare. Per maggiori info: www.nparks.gov.sg/sbg.

Orchard Road

Orchard Road

Da via di campagna, fiancheggiata da siepi di bambù, a strada dello shopping: questa la parabola di Orchard Road, dalla sua fondazione nel 1830 ai giorni nostri. Oggi Orchard Road viene accostata per importanza alla Fifth Avenue di New York. Poco più di due miglia, lungo cui si susseguono centri commerciali, negozi di lusso e ristoranti pregiati. Da vedere, per il suo valore testimoniale, il TANGS, la prima attività commerciale aperta su Orchard Road; mentre il primato della modernità spetta allo ION ORCHARD. Si tratta di uno dei centri commerciali più abbaglianti, se non il più abbagliante, di Singapore con una moltituidine di negozi al suo interno: da una distilleria di whisky a una galleria d’arte passando, ovviamente, per boutiques di lusso col meglio della moda internazionale. Tuttavia, il fascino bucolico cui abbiamo accennato all’inizio non è scomparso, si è solo trasferito qualche chilometro più in là: stiamo parlando dei Botanic Gardens, i giardini botanici più grandi di Singapore; più grandi addirittura del Gardens by the bay incontrato in precedenza. Nel prossimo paragrafo andiamo a conoscerli un po’ meglio. 

ArtScience Museum

ArtScience Museum

Con la mission di esplorare gli incroci tra arte, scienza, cultura e tecnologia, l’ArtScience Museum è un altro must see place di Singapore. L’esterno, a forma di fiore di loto, rende l’edificio facilmente riconoscibile. All’interno, 21 gallerie che negli anni hanno ospitato mostre internazionali di assoluto valore: da Leonardo da Vinci ad Andy Warhol, passando per Escher, Van Gogh e Salvador Dalì. In verità, solo la permanente Future World è coerente con gli obiettivi culturali dichiarati: la galleria, infatti, si compone di due sezioniCity in a Garden ed Exploring New Frontiers – dedicate appunto alla convivenza tra uomo, natura e tecnica. Per maggiori info: www.marinabaysands.com/museum.

Chinatown

Chinatown

L’unica Chinatown al mondo in cui sono contemporaneamente presenti un tempio buddista, uno indù e una moschea. Un indizio del multiculturalismo che contraddistingue Singapore; soprattutto, un indizio dell’imprescindibilità di questo quartiere per chiunque sia realmente interessato ad approfondire la storia dell’isola. Storia in cui l’immigrazione ha giocato fin dall’inizio un ruolo decisivo: fu Thomas Stamford Raffles, il fondatore di Singapore, a volere che la comunità cinese avesse propri spazi aggregativi sia sotto il profilo sociale che religioso. Ovviamente, per molti anni, le condizioni di vita furono particolarmente dure, tant’è che quando il benessere ha cominciato a diffondersi si è pensato, quasi di riflesso, convenisse distruggere tutto quanto testimoniasse le privazioni, ma anche la capacità adattativa dei cinesi trapiantati sull’isola. Il turismo ha imposto però una rapida inversione di marcia. Ci si accorse cioè che cancellare un secolo di storia era controproducente, dal momento che i visitatori, invece, andavano (e vanno) proprio alla ricerca di ciò che è tipico, autentico, non omologato. Va da sé, il dietrofront non ha significato l’esatto ripristino dei luoghi: piuttosto il loro adattamento all’economia turistica, specie per quel che riguarda l’offerta gastronomica. Perciò, a chi non basta girare per le shophouses cinesi di Singapore, suggeriamo due mete il cui significato culturale è sicuramente più elevato: la prima è il Chinatown Heritage Centre, spazio museale in cui la storia della comunità cinese di Singapore è stata ricostruita nel dettaglio; la seconda è il Buddha Tooth Relic Temple (vd.foto), il tempio, come si evince dal nome, che custodirebbe un dente del Buddha storico.

Lau Pa Sat

Lau Pa Sat

Fin qui abbiamo fatto il pieno di modernità; è venuto perciò il momento di scoprire il volto più tradizionale di Singapore. Che poi, come ribadito in apertura, le due istanze – modernità e tradizione – non sono in conflitto e anzi rappresentano la cifra autentica dell’isola. Il Lau Pa Sat è la prova provata di quanto andiamo scrivendo. Realizzato a fine ‘800 come wet market (lett. “mercato umido” adibito alla vendita di carne, pesce e frutta; tipologia balzata agli onori della cronaca per i fatti di Wuhan, in Cina) questo storico edificio in ghisa è stato successivamente trasformato in un tempio della gastronomia, al punto da essere dichiarato Monumento Nazionale nel 1973. Va da sé, a Singapore l’offerta gastronomica, al pari di tutto il resto, è in costante evoluzione anche se alcuni aspetti non cambiano: tra questi, il mercato di Boon Tat Street, la strada laterale di Lau Pa Sat, che la sera viene chiusa al traffico trasformandosi in “Satay Street”, riferimento (“Satay”) agli spiedini di carne assai diffusi in Malesia, Thailandia, Indonesia e, appunto, Singapore. Da non perdere!

Gardens by the bay

Gardens by the bay

Avete mai sentito parlare di alberi fotovoltaici? Per la precisione, di alberi in grado di accumulare il calore del sole e trasformarlo in illuminazione. Stiamo parlando dei Supertrees Grove, attrazione principale del Gardens by the bay, l’orto botanico di Marina Bay. A realizzare nel 2012 questi giganteschi alberi18 in tutto, di lunghezza variabile tra i 25 e i 50 metri – un team di ingegneri, paesaggisti e architetti degli studi Wilkinson Eyre e Grant Associates. Un intreccio di acciaio, calcestruzzo e vegetazione in grado di regalare bellissimi giochi di luce. A certificare il successo dell’iniziativa il numero di visitatori negli anni, nell’ordine di centinaia di milioni, giustamente attratti dalla dimensione onirica e fantascientifica del paesaggio, non a caso utilizzata anche nel famosissimo videogame Call of Duty. Non è finita, perché una passerella sospesa di oltre 100 metri lega gli alberi tra loro. L’OCBC Skyway – questo il nome del ponte – arricchisce ancora di più la visita, giocandosela, quanto a suggestione e panoramicità, con lo SkyPark Observation Deck prima richiamato. Per maggiori informazioni su orari, tariffe e modalità di visita dei Supertrees Grove e delle altre sezioni di cui è composto il Gardens by the bay, consultare il sito ufficiale: www.gardensbythebay.com.sg. Da non perdere! 

SkyPark Observation Deck

SkyPark Observation Deck

In una città come Singapore tutto evolve rapidamente: vale per le attrazioni, vale ancora di più per i simboli in cui il territorio si riconosce e con cui sceglie di comunicare all’esterno. Detto in apertura del Merlion, c’è perlomeno un altro simbolo che oggi veicola l’immagine di Singapore nel mondo. Parliamo dello SkyPark Observation Deck, la terrazza panoramica sulla sommità del Marina Bay Sands, l’iconico hotel-casinò che svetta nell’omonimo quartiere. Ecco, salire in cima allo SkyPark Observation Deck è senza dubbio tra le tappe imperdibili di una visita a Singapore, a maggior ragione se non si è interessati al gioco d’azzardo. In verità, in cima c’è anche una magnifica piscina, emblematicamente rinominata “Infinity pool”. Quella, però, purtroppo, è riservata ai soli clienti del Marina Bay Sands. Per maggiori info: www.marinabaysands.com/attractions/sands-skypark.

Merlion Park

Merlion Park

Convenzionalmente la visita di Singapore comincia con Merlion Park; o meglio, con una visita a questo parco all’ombra dei grattacieli e una foto a fianco la statua simbolo dell’isola: il Merlion. Si tratta di una figura mitologica, metà leone e metà pesce, che da un lato rimanda all’etimo della città (dal malese Singapura “Città del leone”); dall’altro all’importanza della pesca, per secoli una delle principali fonti di sostentamento del territorio. Secondo molti, visita e foto col simbolo di “Lion City” vanno fatte sul far della sera, quando le luci della città e dei grattacieli tutt’attorno si riflettono a mare rendendo l’atmosfera magica. Da fare!