I dintorni di Macerata

I dintorni di Macerata

A meno di 20 chilometri direzione sud dai resti di Helvia Recina c’è il Parco Archeologico di Urbs Salvia, il più importante delle Marche, situato nel comune omonimo di Urbisaglia. Poco distanti, meritano una visita anche la stupenda Abbazia di Fiastrail comune di Tolentino col suo santuario dedicato a San Nicola e il Lago di Caccamo. Dirigendosi verso nord, infine, c’è Recanati, città natale del più grande poeta italiano del ‘900, Giacomo Leopardi (vd.foto). Da non perdere! 

Helvia Recina

Helvia Recina

A cinque chilometri circa dal centro storico cittadino c’è la frazione di Villa Potenza, dal nome del fiume omonimo che attraversa la provincia di Macerata. Qui, attorno al I secolo a. C. sorse una fiorente colonia romana di cui si ha traccia storiografica perlomeno fino al III secolo d.C. Le tracce archeologiche, invece, sono andate in parte disperse, ma già solo dai resti del teatro e dal rinvenimento di numerosi elementi riconducibili a monumenti di carattere funerario, è stato possibile desumere si trattasse di una città di medie dimensioni dedita soprattutto ai commerci, facilitati appunto dalla vicinanza del fiume. Sulla rilevanza di Helvia Recina, questo il nome dell’insediamento romano, nel corso del ‘900 si sono fatte numerose ipotesi e congetture, quasi tutte a opera di studiosi locali e unanimi nel sovrastimare l’importanza del sito archeologico, e con esso di Macerata. Al netto, però, delle suggestioni storiche, Helvia Recina comunque testimonia la millenaria storia della città marchigiana e come tale costituisce tappa imperdibile per approfondirne il genius loci. Da vedere!

Biblioteca Comunale Mozzi Borgetti

Biblioteca Comunale Mozzi Borgetti

Da quanto finora scritto emerge chiaramente la vocazione culturale del turismo di Macerata: una storica università; chiese; musei; palazzi nobiliari e una fornitissima biblioteca. E già, perché la Biblioteca Comunale Mozzi Borgetti (da Bartolomeo e Giuseppe Mozzi, nobili maceratesi; e Tommaso Borgetti, frate domenicano) custodisce all’incirca 400.000 opere di cui fanno parte, oltre ai libri, anche incunaboli, manoscritti, carte geograifche e fondi giuridici. Il tutto distribuito in 5 sale che a loro volta sono un trionfo di fregi, stucchi e affreschi. E, a proposito di affreschi, se aperta al pubblico, val la pena visitare anche l’Aula Magna dell’Università prima richiamata. Per maggiori info sulla Biblioteca Comunale Mozzi Borgetti: www.facebook.com/BibliotecaMozziBorgetti.

Palazzo Ricci

Palazzo Ricci

Abbiamo già incrociato il Futurismo a Palazzo Buonaccorsi, ma la tappa veramente imperdibile per approfondire una delle stagioni artistiche più feconde e controverse d’Italia è senza dubbio Palazzo Ricci. La decisione di trasformare l’immobile in un Museo di Arte Contemporanea risale alla fine degli anni ’70 del secolo scorso. A decidere in tal senso, la Cassa di Risparmio di Macerata che qualche anno prima, nel 1976, aveva provveduto all’acquisto e al restauro di questo palazzo del ‘700 fino ad allora proprietà di una nobile famiglia del luogo, i Ricci appunto. Un museo del ‘900 focalizzato, come dicevamo, sul Futurismo: Balla, Boccioni, Severino, Soffici sono solo alcuni degli artisti presenti nella collezione di Palazzo Ricci, per un totale di opere esposte che supera le 350 unità di cui, oltre a sculture e dipinti, fanno parte anche manoscritti e opere letterarie del tempo. Insomma, una collezione di valore storico, artistico e culturale assoluto che, oltre al già citato Palazzo Buonaccorsi, varrebbe la pena integrare con una visita al Museo del Novecento di Milano. Per maggiori informazioni: palazzoricci.it.

Sferisterio

Sferisterio

Generalmente di una località ci sono le attrazioni, i punti di interesse, e poi ci sono i simboli. Quello di Macerata, senza dubbio, è lo Sferisterio, gigantesca arena a sud del centro storico, da anni utilizzata per festival estivi di Opera. A volerne l’edificazione negli anni ’20 del XIX secolo un gruppo di nobili maceratesi anche se non con l’intenzione di farne un tempio della lirica. Al contrario, lo Sferisteriu, come pure viene chiamato, venne progettato come campo da gioco del Pallone col bracciale, sport di squadra molto diffuso nell”800, non solo in Italia. Per capirne la rilevanza basti considerare che gli atleti impegnati in questa disciplina, detti pallonisti, per compensi e popolarità se la giocavano – è il caso di dire – coi toreri in Spagna. Non solo. C’era un vasto indotto legato alle scommesse e anche l’arte, da Rossini a Leopardi per dirne due, celebrava questa pratica sportiva poi gradualmente soppiantata dal calcio. La prima volta che quest’arena venne utilizzata come teatro d’opera fu nel 1921, anche se questa divenne la sua vocazione definitiva soltanto molto dopo, per la precisione nel 1967. Da oltre mezzo secolo, quindi, la lirica abita allo Sferisterio di Macerata: una struttura che può ospitare fino a 3000 persone, alta 18 metri, contornata di colonne, balconate e palchi e frequentata da melomani provenienti da ogni parte del mondo! Per saperne di più: www.sferisterio.it.

Chiesa della Madonna della Misericordia

Chiesa della Madonna della Misericordia

Poco distante da Palazzo Buonaccorsi c’è il Duomo cittadino, intitolato a San Giuliano, ma soprattutto c’è la Chiesa della Madonna della Misericordia, la basilica più piccola al mondo. Dei due edifici religiosi è quest’ultima a raccogliere il maggior numero di visitatori, e i motivi sono fondamentalmente due: il primo ha a che fare con la genesi di quest’oratorio, realizzato nel 1447 su mandato del comune come ex voto per implorare la fine della peste; il secondo è la ristrutturazione realizzata tra il 1736 e il 1741 su progetto del Vanvitelli. Come per il Museo della Carrozza di cui abbiamo parlato in precedenza, anche qui un ruolo decisivo l’ha avuto un ricco maceratese, tal Guarniero Marefoschi, senza la cui munificenza, quest’autentico gioiello religioso, trionfo di decorazioni, marmi, stucchi e affreschi non avrebbe visto la luce, e oggi non contribuirebbe alla fama di Macerata. Da vedere!

Palazzo Buonaccorsi

Palazzo Buonaccorsi

Tra le tappe imperdibili di un soggiorno a Macerata, Palazzo Buonaccorsi ospita i Musei Civici cittadini. In questo settecentesco edificio, a poche centinaia di metri da Piazza della Libertà, c’è un Museo d’Arte Antica, noto anche come Antica Pinacoteca, la cui realizzazione, datata 1860, si deve al mecenatismo del pittore locale Antonio Bonfigli. Ovviamente, dopo l’iniziale lascito di Bonfigli, la collezione è continuata nel corso del Novecento con la raccolta di diverse opere di pittori del Quattrocento e del Cinquecento, tra cui spicca l’artista veneziano, e tuttavia molto attivo nelle Marche, Carlo Crivelli. Nei sotterranei del palazzo, invece, è stata  allestita una mostra sui generis dedicata alle carrozze d’epoca. Pure in questo caso, il Museo della Carrozza (vd. foto) si deve alla filantropia di un nobile maceratese, tal Pieralberto Conti (a cui si deve anche la trasformazione in teatro lirico dello Sferisterio, vd. punto 5). Ma non è finita qui perché, a detta di molti, la sezione più interessante dei Musei Civici di Macerata è quella dedicata all’Arte Moderna, nota anche come 900 Buonaccorsi. Una raccolta di opere perlopiù incentrata sulla temperie artistica del futurismo, corrente molto diffusa in Italia (e nella stessa Macerata) tra gli anni ’10 e ’20 del secolo scorso. Insomma, Palazzo Buonaccorsi è meta imprescindibile per chiunque sia realmente interessato ad approfondire il genius loci maceratese e marchigiano. Da vedere! 

Teatro Lauro Rossi

Teatro Lauro Rossi

L’intitolazione al musicista e compositore locale Lauro Rossi è del 1884; la storia del teatro di Macerata però comincia nel XVI secolo, più di 200 anni prima. Per la precisione nel 1662, quando l’allora Governatore della città, Mons.Agostino Franciotti, dispose la realizzazione di un teatro stabile nella Sala Grande del Palazzo del Magistrato. Tuttavia, a poco più di un anno dal termine dell’opera, il teatro venne demolito per realizzarne uno più grande al fine di soddisfare la crescente domanda di spettacolo dei maceratesi. Stavolta, il teatro rimase operativo un secolo, per l’esattezza 101 anni, dal 1664 fino al 1765, anno in cui un gruppo di nobili diede l’incarico ad Antonio Galli detto “il Bibiena” di realizzare un teatro più grande di quello esistente. E qui comincia un’altra storia perché, al netto dei restauri che inevitabilmente sono stati necessari nei secoli successivi, il disegno del teatro di Macerata è rimasto quello del Bibiena. Disegno che si discosta alquanto dalla maggior parte dei teatri marchigiani, a cominciare dal colore. Nel teatro Lauro Rossi di Macerata dominano il celeste e il dorato, anziché il rosso come solitamente avviene. Va da sé, non ci sono solo gli aspetti cromatici. Anche i sotterranei del teatro meritano una visita: 600 metri quadrati lungo i quali si susseguono una serie di locali d’epoca realizzati con le finalità più diverse: macelleria, spezieria, forno. Questa galleria, rinominata appunto “Antichi Forni”, è oggi usata come spazio espositivo di mostre temporanee ed eventi culturali.

Piazza della Libertà

Piazza della Libertà

Convenzionalmente la visita di Macerata comincia da Piazza della Libertà che, da cuore nobile al tempo delle signorie, si è trasformata nel cuore civile della città: non solo perché vi si affaccia il palazzo comunale, ma anche -soprattutto- perché è il principale luogo di ritrovo dei maceratesi; il punto cittadino con la maggiore concentrazione di bar, enoteche e ristoranti. Come in tutte le piazze rinascimentali è circondata dai principali edifici della città: oltre al già citato Palazzo del Comune, la loggia dei Mercanti, il Palazzo della Prefettura, la Chiesa di San Paolo, la Torre dell’Orologio (di cui è possibile visitarne l’interno e salire fino alla sommità) e il Teatro Lauro Rossi. Di quest’ultimo parleremo più diffusamente nel prossimo paragrafo.

Occhio a dove si fuma

Occhio a dove si fuma

Singapore è una meta turistica internazionale ma non è assolutamente una località libertina. C’è molta attenzione alla morigeratezza di costumi (per dirne una, camminare nudi è reato perfino in casa); il consumo di droga è severamente proibito; l’omosessualità un tabù e, come non bastasse, ci sono tutti una serie di divieti a cui conviene attenersi scrupolosamente pena multe salatissime. Tra questi, fumare, sia all’aperto che al chiuso, fuori delle zone destinate ai tabagisti.  

Venire per pochi giorni

Venire per pochi giorni

Dalla Singapore Flyer, la ruota panoramica dell’isola, all’1-Altitude, il bar in terrazza più famoso di Singapore (quella dei bar in terrazza è una moda assai diffusa sull’isola), fino alle innumerevoli opportunità di svago della vita notturna, sono tante le cose da fare e vedere a Singapore su cui non ci siamo soffermati. Un indizio del fatto che un soggiorno sull’isola deve essere almeno di 7 giorni a meno che, ovviamente, la visita non sia inserita in un tour più ampio.

Singapore Zoo

Singapore Zoo

Lepori, bradipi, pipistrelli, tigri, oranghi, babbuini, elefanti eccetera: sono oltre 4.000 gli animali presenti nel Singapore Zoological Gardens (o Mandai Zoo, come viene chiamato localmente). Gli ettari del parco sono 28 e spiccano subito all’occhio gli elevati standard di cura e manutenzione sia della vegetazione tropicale che degli stessi animali. Animali che, particolare di non poco conto, vivono in semi-libertà in ambienti che riproducono al meglio l’habitat di ciascuno. La visita al Singapore Zoo porta via almeno mezza giornata e prevede diverse formule: a piedi, in tram o, la più gettonata, di notte. Il Night Safari è un’esperienza assolutamente coinvolgente da fare, anche questa, sia a piedi che a bordo di un tram stile Jurassic Park. Va da sé, considerando l’elevata affluenza, conviene prenotare prima anche se non con eccessivo anticipo, poiché le attrazioni e i percorsi del parco sono in costante aggiornamento. Per maggiori informazioni: Mandai Singapore Zoo.

Sentosa

Sentosa

Sentosa in malese significa “tranquilla” ma quest’isola a sud di Singapore tranquilla non lo è più da tempo. Negli anni si è trasformata in una gigantesca fabbrica del divertimento aperta tutto l’anno per turisti e residenti che vi si riversano ogni fine settimana. Le attrazioni sono davvero innumerevoli, tant’è che è impossibile citarle tutte: le più famose sono senza dubbio gli Universal Studios e il Sea Acquarium. Il primo è un parco a tema diviso in sette differenti aree che vanno dall’Antico Egitto alla riproduzione del celebre “Madagascar”, film d’animazione del 2005 prodotto dalla DreamWorks; il secondo, invece, è un acquario diviso in dieci diversi habitat organizzati lungo un percorso ad anello. Non mancano le spiagge: sono tre e soddisfano le diverse esigenze degli ospiti: Siloso Beach è la spiaggia degli sportivi; Palawan Beach è più adatta per le famiglie ed è famosa per il suo ponte sospeso; Tanjong Beach, infine, è la meno affollata delle tre. Meritano una visita anche le isolette di St. John’s e Kusu a sud di Sentosa e facilmente raggiungibili in pochi minuti di navigazione. Detto delle attrazioni turistiche, la popolarità di Sentosa passa anche dalla politica internazionale: nel 2018, infatti, sull’isola, presso l’Hotel Capella, si tenne uno storico incontro tra l’allora Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il Presidente della Corea del Nord Kim Jong-un.

Kampong Glam

Kampong Glam

Dopo Chinatown è la volta di Kampong Glam, il quartiere arabo di Singapore. L’etimo deriva dal malese: “Kampong” sta per villaggio; mentre “Glam” è un albero da cui i malesi storicamente ricavavano il legno per la costruzione di barche. Analogamente a quanto fatto con la comunità cinese, anche in questa parte dell’isola, l’amministratore coloniale Raffles lasciò che gli abitanti si organizzassero secondo i propri usi e costumi. Anzi, fu durante il periodo coloniale che affluirono a Singapore nuovi abitanti provenienti da Sumatra, Java e lo Jemen andando così a infoltire la comunità musulmana già presente. Tuttavia, anche qui l’avvento del turismo ha in parte cambiato le coordinate sociali: bar, bistrò e locali di tendenza oggi convivono fianco a fianco con attività economiche più tradizionali e, va detto, non sono mancati i problemi legati soprattutto alla diffusione dell’alcol, pratica vietata dall’Islam. Molte le cose da vedere: in primis, la Sultan Mosque con la sua inconfondibile cupola dorata a cipolla; poi il Malay Heritage Centre, museo che appunto ripercorre la storia della comunità malese; infine, ma solo per ragioni espositive, Arab Street e Little India che, seppur oggi strade turisticamente avanzate, non hanno perso il loro fascino esotico. In ultimo, visto che lo abbiamo citato più volte, una dritta: poco distante da Kampong Glam c’è il Raffles Hotel, dal nome del fondatore di Singapore. Per decenni è stato l’albergo più importante dell’isola ma anche oggi che non lo è più conserva un fascino notevole agli occhi dei visitatori che giornalmente ne affollano la hall. Da vedere!

Botanic Gardens

Botanic Gardens

Fondati nel 1859 in piena epoca coloniale, i Botanic Gardens hanno rappresentato un importante snodo nella modernizzazione di Singapore. All’inizio, la mission fu soprattutto quella di raccogliere, coltivare, sperimentare e distribuire piante utili alla popolazione locale. A questa prima fase corrispondono le piantagioni di caucciù fino ad allora sconosciute sull’isola. Nel giro di pochi anni, il caucciù passò dall’essere una coltura solo locale a un ambito regionale molto vasto, diventando un raccolto importante in tutto il sud-est asiatico. Dopo il caucciù fu la volta delle orchidee, fiore simbolo di Singapore, il cui allevamento è ancora centrale nella produzione vivaistica di questi giardini (da vedere il National Orchid Garden) che, ricordiamolo, dal 2015 sono Patrimonio UNESCO. Va da sé, parliamo di oltre 70 ettari di parco con diversi ingressi e altrettante sezioni, motivo per cui è fondamentale sapersi almeno un po’ districare. Per maggiori info: www.nparks.gov.sg/sbg.