Watts Tower

Watts Tower

E troviamo ancora il marchio Italia in un’altra attrazione di Los Angeles, le Watts Tower. Questa bizzarra opera di arte/architettura è sgorgata dall’estro di Sabato Rodia, originario di un piccolo paesino in provincia di Avellino, Serino. Rodia emigrò giovanissimo negli Stati Uniti diventando Simon o Sam. Dopo aver lavorato in varie città americane, come muratore e piastrellista, Sam giunse a Watts una zona nella periferia di Los Angeles nel 1921 all’età di 42 anni. Qui acquista un terreno e decide di fare qualcosa: costruire delle torri. Inizia così un’ossessione che durerà 33 anni e darà vita a “Nuestro Pueblo”, “Our Town”, le torri di Watts, un complesso di 17 strutture connesse tra loro, tra cui due torri alte ben 30 metri. La storia che lega l’uomo alla sua singolare opera la si può approfondire con due documentari: “I Build the Tower”, 2006, scritto, diretto e prodotto da Edward Landler e Brad Byer, e The Tower del 1957. Simon Rodia iniziò a costruire le Watts Towers con dei rottami metallici senza utilizzare alcuna armatura interna saldata. Gli abitanti di Watts lo videro per oltre 30 anni scalare le torri con la cintura e il secchio di un lavavetri, e decorarle con il materiale più eterogeneo: vetro di bottiglie di 7-Up o Canada Dry, piastrelle, bijoux, marmo, conchiglie. Nel 1959, la Conference of Museum Curators ha stabilito che “Le Torri di Rodia sono una combinazione unica di scultura e architettura e l’opera fondamentale di arte popolare del XX secolo negli Stati Uniti“. Simon Rodia non ci mise molto ad essere assurto a simbolo di libertà e anticonformismo. Nel 1967 i Beatles lo hanno inserito in compagnia di Edgar Allan Poe, Fred Astaire, Gustav Jung e Bob Dylan nella illustrazione della copertina dell’album Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. Le visite guidate pubbliche alle Watts Towers si svolgono giovedì, venerdì dalle 10.30 alle 15.00 e il sabato dalle 12.30 alle 15.00. Vari gli eventi, anche musicali, per approfondire: https://www.wattstowers.org/events.

Getty Center

Getty Center

I patrioti saranno felici di sapere che c’è molta Italia nel Getty Center. Non stiamo parlando delle opere d’arte custodite all’interno del museo, ma dei circa 300.000 pezzi di travertino usato per rivestire e pavimentare i trentamila metri quadrati di edifici che fanno parte del complesso. Quel travertino, elemento distintivo del Centro, venne estratto da Bagni di Tivoli. I lavori di questa mastodontica opera, disegnata da Richard Meier, durarono 10 anni. Il Getty Center fu aperto al pubblico il 16 dicembre 1997. La visita è gratuita e prima, o dopo, le gallerie d’arte, fare un giro per ammirare l’architettura e le bellezze del luogo non è da sottovalutare: sicuramente una tappa interessante è il Central Garden. Creata dall’artista californiano Robert Irwin, è un’opera d’arte in evoluzione, progettata per cambiare con le stagioni. Le oltre 500 varietà di piante utilizzate nel paesaggio sono state selezionate per accentuare i giochi di luce e di colore. Ma i giardini del Getty Center non finiscono qui: c’è il Fran e Ray Stark Sculpture Garden, collegato da un percorso pedonale al Giardino Centrale, contiene sculture all’aperto di Joan Miró, Alexander Calder. Poi c’è il Giardino delle sculture dove si possono vedere opere di artisti moderni come Henry Moore ed Elisabeth Frink e infine La terrazza delle sculture di Fran e Ray Stark con opere che raffigurano il passaggio nella scultura, tra cui Barbara Hepworth e Rene Magritte. L’arte al chiuso è invece ammirabile al J. Paul Getty Museum, una collezione d’arte che va dal medioevo ai giorni nostri e comprende: dipinti, disegni, manoscritti miniati, sculture, fotografie. La collezione è esposta in quattro padiglioni. Varie le mostre e gli eventi che si tengono al Getty Center per saperne di piu: https://www.getty.edu/visit/cal.

Griffith Park

Griffith Park

Griffith Park è uno dei più grandi parchi municipali del Nord America ed è una delle maggiori attrazioni storiche della città di Los Angeles. Il parco è un raro esempio chaparral (vegetazione arbustiva sempreverde tipica della California) in un centro urbano. Un polmone verde che offre la possibilità di passeggiare tra canyon alberati e fare attività sportiva: equitazione, bicicletta, golf, tennis e anche nuotare! Ricchissime la flora e la fauna: oltre 150 specie di piante, tra cui anche rare specie autoctone come il noce nero della California meridionale; cervi, coyote, procioni, volpi, linci serpenti – tra cui anche quello a sonagli – e persino leone di montagna vivono qui insieme ad una molteplicità di insetti nativi tra cui due rarissime farfalle. Se non si è amanti del trekking nella natura, ci sono molti altri buoni motivi per visitare il Griffith Park: i magnifici panorami di Los Angeles, il punto migliore per fotografare la famosa insegna di Hollywood, e il Griffith Observatory, fiore all’occhiello della città, che si visita gratuitamente ed è aperto fino a tardi quasi tutte le sere (vd. foto). Vanta anche il primato di osservatorio pubblico più visitato al mondo (con 1,5 milioni di visitatori all’anno). Quando fu inaugurato nel 1935, era una delle prime istituzioni negli Stati Uniti dedicate alla scienza pubblica e possedeva il terzo planetario negli Stati Uniti. L’Osservatorio dispone di telescopi pubblici, spettacoli planetari, scienza interattiva e mostre spaziali. L’orario del parco: dalle 5:00 alle 22:30. È possibile servirsi dei mezzi pubblici per raggiungere il parco Griffith: la Metro collega Los Angeles alla fermata delle navette per il parco, Dash Observatory https://www.ladottransit.com/dash/routes/obs_lf/obs_lf.html.

Universal Studios Hollywood

Universal Studios Hollywood

Dopo aver seguito le stelle del cinema, sarà interessante visitare “il posto di lavoro” di tante celebrità. Gli Universal Studios di Hollywood sono stati aperti al pubblico nel 1964 per consentire ai cinefili di tutto il mondo di dare un’occhiata dietro le quinte in una delle fabbriche cinematografiche culto statunitensi. Con oltre 9000 dipendenti, gli Universal Studios sono il più grande produttore cinematografico e televisivo del mondo. Il metodo più comodo e semplice per raggiungerli è l’automobile, si trovano a dieci minuti di macchina da Hollywood Boulevard, ma ci si può servire anche dell’autobus (Metro Local 156) o della linea rossa della metropolitana. Il costo del biglietto non è economico: circa 100 dollari ed è bene prenotarlo con molto anticipo poiché si tratta di uno dei siti più visitati della città. Un consiglio: evitare i week end e l’alta stagione: https://store.universalstudioshollywood.com/PurchaseTickets.aspx. ll parco è diviso in due sezioni: la parte superiore, Upper Lot, e inferiore, Lower Lot. L’Upper Lot è anche conosciuto come “Entertainment Center” perchè qui si concentra la maggior parte dei parchi a tema, delle giostre, dei teatri, dei chioschi di cibo e degli spettacoli. Nel Lower Lot c’è la NBCUniversal Experience, che contiene mostre di oggetti di scena, costumi e curiosità. L’attività più divertente è lo Studio tour e prevede un giro fra i set cinematografici a bordo di un pulmino aperto – Psycho, Ritorno al futuro, Lo Squalo, sono tra i set cult – e in una vecchia città del West ricostruita fedelmente dove si potevano girare fino a sei western contemporaneamente

Hollywood Walk of Fame

Hollywood Walk of Fame

Non sono poche le persone che si recano a LA con la speranza di incontrare una star che passeggia per strada, ed effettivamente la cosa non è improbabile. Se poi il desiderio rimane deluso, ci si può consolare inseguendo le tracce della polvere di stelle, passeggiando lungo la Hollywood Walk of Fame, non a torto considerata una delle strategie marketing di maggior successo della storia del cinema. Qui si cammina per chilometri tra oltre 2.600 stelle rosa che recano il nome di celebri star a lettere d’oro. Non solo stelle, ma come tutti sanno anche impronte hollywoodiane: all’affollatissimo Chinese Theatre si potranno ammirare più di duecento blocchi di cemento con mani, piedi e firme delle celebrità di tutte i tempi. Sulla passeggiata dei famosi brillano anche dive nostrane: Sophia Loren nel 1994 conquistò la 2000esima stella di Hollywood Walk of Fame. Le stelle sono in continuo aumento con una media di due al mese, l’evento avviene nel corso di cerimonie su Hollywood e Vine Boulevards. È impresa faticosissima trovare le star del cuore in questa costellazione di cemento, ma per fortuna c’è la mappa: https://walkoffame.com/browse-stars.

Venice Beach

Venice Beach

Venice Beach è stata a lungo l’epicentro bohémien della California. Chi l’ha visitata nei decenni passati sostiene che oggi ha perso in autenticità e che lo spirito eccentrico, caratterizzante una delle zone più pazze degli States, sia oggi soprattutto marketing turistico. Ciò nonostante rimane comunque un luogo dove non ci si annoia di certo, fosse solo perché ogni giorno sul lungomare si riversano quasi 30.000 esseri umani. C’è chi va a guardare e chi a farsi guardare, come i famosi skateboarder, body builder e artisti di strada. Il Boardwalk, noto anche come Ocean Front Walk, è la seconda destinazione più visitata nel sud della California, con una media di oltre dieci 10 milioni di visitatori all’anno. Oltre al people watching, a Venice si può praticare ogni tipo di sport dallo skateboard alla bici, al beach volley. Venice Beach Recreation Center organizza: tornei di basket, paddle tennis e pallamano. Gli appassionati di culturismo non resisteranno a fare una puntatina a Muscle Beach Venice, con soli 10 dollari sarà possibile allenarsi presso la famosa palestra di body building sulla spiaggia. E con un po’ di fortuna si può anche incappare in un set cinematografico in pieno stile hollywoodiano.

Mulholland Drive

Mulholland Drive

Mulholland Drive è una delle strade più famose di Los Angeles, ciò che la rende meta di pellegrinaggio turistico sono i punti panoramici, le mega ville delle star del cinema e in generale il particolare fascino della zona. Uno dei suoi celebri residenti, il regista David Lynch, l’ha resa ancora più famosa ambientandovi il film Mulholland Drive: “È una bella strada – ha spiegato Lynch a chi gli chiedeva perché avesse scelto questa particolare strada di LA – una strada misteriosa con molte curve. Di notte è davvero buio e, a differenza di tanti altri luoghi di LA, è rimasto più o meno lo stesso nel corso degli anni“. L’intero asse viario di MD collega le Hollywood Hills con Leo Carrillo State Beach a Malibu ed è lungo 88 km, ma il tratto turistico è molto più ridotto, circa 30 km. Non è servita da mezzi pubblici, quindi, come molte attrazioni di LA, è possibile visitarla con un tour (https://www.latourist.com/index.php?page=guided-tours-los-angeles) o a bordo di un’auto a noleggio. La strada è curvilinea e non ha marciapiedi. La direzione migliore per percorrerla è da ovest a est (superstrada 405 fino all’autostrada 101) perché è più facile fermarsi all’Hollywood Bowl overlook, il belvedere infatti si trova sullo stesso lato della strada. Salendo le scale si potranno ammirare la strafamosa insegna di Hollywood e il Griffith Park Observatory. Altri belvedere da non perdere sono: Nancy Hoover Pohl Overlook da cui si gode il ​​panorama della San Fernando Valley. Da questo punto è anche possibile fare un’escursione nel canyon sottostante lungo il Betty Dearing Trail. Universal City overlook che offre una splendida vista degli Universal Studios (si scorge anche il castello di Hogwarts di Harry Potter) e della parte orientale della San Fernando Valley.

Downtown L.A.

Downtown L.A.

Sgombriamo il campo dalla nostra idea di centro della città, Downtown LA è un’area di 12,25 km² composta da molti quartieri diversi, ognuno caratterizzato da una spiccata personalità. È impossibile girarlo tutto a piedi, ma si possono esplorare delle piccole aree distinte o fare dei percorsi a tema con Los Angeles Conservancy che offre walking tours di due ore per ammirare gli edifici più belli. Potremo iniziare la visita di Downtown da Union Station, perché è da qui che è partito l’ulteriore sviluppo della città. Costruita nel 1939, questa stazione ferroviaria è un mix di architettura coloniale spagnola, Mission Revival e Art Deco, ovvero stile Mission Moderne. Local station è anche location di Blade Runner: qui fu ambientata la centrale di Polizia dove si reca Deckard. Gli appassionati del film cult di Ridley Scott potranno fare a LA un cinetour sui luoghi del film (qui). Si cammina poi fino a Bunker Hill, con i suoi svettanti grattacieli e luoghi d’arte. Il quartiere è stato completamente ricostruito a partire dagli anni ’50, quando vennero demolite tutte le strutture storiche, fu persino alterata la topografia, con l’abbassamento della collina che lo ospitava. Unici sopravvissuti la funicolare Angels Flight e il muro di contenimento. Si giunge poi al Financial District, il cuore del DTLA. L’area ospita grandi magazzini – Target, Macy’s e Whole Foods – il parco di Pershing Square e Jewelry District. Non lontano troviamo Historic Core, il quartiere storico, centro della città prima della Seconda guerra mondiale, poi decaduto e ristrutturato alla fine degli anni ’90. Da questo punto l’Arts District è lontano da raggiungere a piedi, ma vale la pena fare una corsa in taxi per ammirarne il fervore creativo di gallerie e spazi culturali.

Attenzione agli orsi

Attenzione agli orsi

Non sottovalutate il fatto che pur se esemplarmente gestiti e organizzati, i parchi americani sono e restano un ambiente selvaggio che nasconde varie insidie. Al primo posto troviamo l’orso! Non pensate all’orso Yoghi dei cartoni animati, perché i grizzly o i back bear che vivono nelle foreste americane sono molto meno simpatici e comunicativi. Ogni volta che farete ingresso in un parco nazionale troverete vari avvertimenti sulle precauzioni da prendere durante le passeggiate a piedi. Spray anti-orso, campanellini, mai avventurarsi nei fuori pista e soprattutto camminare sempre in gruppo vociante. L’orso è un animale molto timido, non ha alcun desiderio di imbattersi negli uomini, quindi se li sente da lontano cambia direzione. Il problema nasce se l’orso viene colto a sorpresa dalla vostra presenza e si sente in pericolo, soprattutto se è una femmina con i cuccioli. Per la stessa ragione anche il campeggio va fatto seguendo grandissima attenzione a non sollecitare l’orso con profumi e cibo. Nei camping, in ogni postazione, troverete delle casse di ferro, bear box, dove sarà necessario chiudere alimenti e profumi. Vietato anche lasciare cibo in auto, sembra infatti che un orso abbia davvero poca difficoltà a divellere la portiera di una macchina per approvvigionarsi. Sempre nei parchi troverete vari cartelli con istruzioni dettagliate sul comportamento da attuare in caso di faccia a faccia con un orso. Non prendeteli sottogamba, perché trovarsi al cospetto di Yoghi arrabbiato e non sapere che pesci pigliare non ha l’aria di un magic moment.

Grand Canyon

Grand Canyon

“Non chiamatelo semplice buco nel terreno!” si legge sul sito ufficiale di questo ultimo masterpiece dell’ovest americano: il Grand Canyon. Il luogo non ha solo uno straordinario valore geologico ma anche storico, in quanto da migliaia di anni qui la presenza dell’uomo è stata costante. Nell’ambito della missione del National Park Service, il Grand Canyon National Park protegge e preserva anche tutta la storia e la cultura umana che si trovano all’interno del parco. Dai siti archeologici dei nativi americani, alle storie sull’esplorazione e l’insediamento dei pionieri. Ma pur trascurando la storia umana, a nessuno verrebbe in mente di definirlo un semplice buco, il Gran Canyon! Questa immensa gola è infatti un esempio maestoso di un fenomeno geologico straordinario. Lungo 446 chilometri, profondo 1.857 metri, largo dai 500 metri ai 29 chilometri, il canyon è il risultato di una movimentata serie di eventi geologici. La storia inizia quasi due miliardi di anni fa con la formazione delle rocce ignee e metamorfiche della gola interna. Poi, tra 70 e 30 milioni di anni fa, attraverso l’azione della tettonica a placche, l’intera regione fu sollevata, dando luogo all’altopiano del Colorado. E in tempo più recente, si fa per dire, 5 milioni di anni fa il fiume Colorado ha iniziato a scavarlo facendosi strada verso il basso. Un’ulteriore erosione da parte degli affluenti ha portato all’ampliamento del canyon. Ancora oggi queste forze della natura sono all’opera approfondendo e ampliando lentamente il Grand Canyon. Visitarlo si può, in vari modi: in elicottero, in rafting, sul mulo o anche a piedi. L’ultima soluzione è la più economica, ma anche piuttosto faticosa, bisogna essere ben allenati soprattutto se si decide di raggiungere il fondo del canyon. In questa eventualità considerate una notte presso i campeggi o il Phantom ranch sul fondo valle, perché scendere e salire in una sola giornata è sconsigliatissimo. In ultima istanza è possibile ammirarlo dall’alto del ciglione e percorrere qualche semplice sentiero per affacciarsi sulla gola. Qualunque sia la strada che avete scelto per visitare il Grand Canyon è bene informarvi sul sito ufficiale: https://www.nps.gov/grca/planyourvisit/basicinfo.htm.

Monument Valley

Monument Valley

A circa tre ore di macchina da Moab, c’è la Monument Valley, uno tra i luoghi più fotografati ( e filmati) della terra. Il cowboy a cavallo con lo sfondo delle monumentali guglie di arenaria rossa, che si ergono isolate sul pianoro deserto, fa parte ormai del nostro immaginario collettivo. Ombre rosse, Rio Bravo, Il massacro di Fort Apache, C’era una volta il West sono solo alcuni dei film girati qui. Non a caso uno dei punti più panoramici della valle si chiama “John Ford’s Point“. Per approfondire il tema “ Monument Valley e il cinema” potete visitare il Goulding’s Trading Post Museum che si trova in zona. Abbiamo detto film western e la mente corre veloce agli indiani. Gli indiani navajo sono ancora qui e gestiscono il parco. Infatti la Monument Valley fa parte del Park della Navajo Nation. Presso il centro visitatori è possibile prenotare visite guidate da tour operator Navajo; il giro delle attrazioni del parco avviene a bordo di jeep. Considerate che alcuni luoghi come Ear of the wind sono accessibili solo tramite visite guidate. Per completare la full immersion nella cultura indiana è possibile gustare la cucina navajo presso il ristorante Haskenneini e acquistare arte, artigianato e souvenir navajo presso i chioschi lungo la strada. La visita alla Monument Valley si paga; il pass per una auto con 4 persone costa 20 dollari; qui tutte le info: https://navajonationparks.org/general-admission/monument-valley-admission. I monumenti di roccia della valle si chiamano butt quando sono slanciati, quindi più alte che larghe, e mesa quando sono tozze. “The Mittens and Merrick’s butte”, simbolo della Monument Valley si possono già scorgere dal Visitor Center, c’è poi “Elephant butte“, “Three sisters“. È possibile visitare il parco con auto propria, in escursione organizzata in jeep, a cavallo. A piedi si può percorrere il Widcat trail, un sentiero ad anello di 5 km, preferibilmente all’alba o al tramonto, per via del caldo.

La valle del Colorado e la scenic Byway 128

La valle del Colorado e la scenic Byway 128

Un’altra strada ad altissimo impatto visivo, la Byway 128, segue per un buon tratto il mitico fiume Colorado in una gola tra gigantesche falesie rosso fiamma. La strada inizia all’estremità nord di Moab ed è una delle escursioni che si possono fare facilmente soggiornando in città. Lungo il percorso ci sono una grande varietà di attrazioni, tra cui le fotografatissime Fisher Towers – una serie di pittoresche torri di arenaria rossa che si stagliano contro il cielo azzurro, in un contrasto davvero accattivante – e la Castle Valley, dominata da Parriot Mesa, un’enorme formazione di arenaria; nella Castle Valley le falesie hanno sagome singolari quasi quanto i loro nomi: the Rectory, Convent, Sister Superior, Priest and Nuns e Castleton Tower. Tutta la valle del Colorado è stata usata come set di celebri film western. Nella Castle Valley, grazie all’ampia visuale offerta, si svolgevano le scene più movimentate; ad esempio “Rio Bravo” con John Wayne, la sequenza dei cavalleggeri in perlustrazione è stata girata qui. Se volete approfondire l’argomento: https://www.veganiinviaggio.it/2018/11/13/dove-il-west-incontra-il-cinema-professor-valley-utah/. Costeggiando il Colorado, vi verrà la tentazione di fare un tuffo. È possibile bagnarsi nel fiume, ovviamente scegliendo tratti dove non c’è corrente e rimanendo vicino alla riva. Gli appassionati di sport troveranno nel Colorado pane per i loro denti: in particolare nell’area delle Fisher Tower dove è possibile fare rafting, canoa, kayak e Sup. A Moab, volendo, si può prenotare una guida esperta di attività fluviali, professional river outfitter– per maggiori info: https://www.discovermoab.com/colorado-river/.

Moab

Moab

La cittadina di Moab, nello Utah, ha una posizione strategica per visitare i parchi nazionali di Arches e Canyonlands. Immersa in un territorio di grande pregio naturalistico, molto ricco di minerali, tra cui l’uranio Moab negli anni ’50 ha conosciuto un boom come città mineraria, ma oggi la sua miniera è il turismo, essendo diventata una delle destinazioni più ambite nel sud-ovest americano dall’atmosfera molto frizzante. Ricchissima di hotel e luoghi dove soggiornare, la cittadina offre una grande scelta di ristoranti, pub, e locali con musica dal vivo. Vari sono gli eventi che si svolgono in città tra questi segnaliamo il Moab music festival dal 28 agosto all’8 settembre; si tratta di un festival di musica classica con concerti gratuiti all’aperto e il Canyonlands PRCA Rodeo dal 29 al 31 maggio, che prevede le classiche gare da rodeo come il bronc riding e il bull riding, che consistono nel cavalcare un cavallo selvaggio o un toro senza farsi disarcionare, ci sono gare riservate ai ragazzini come mutton bustin dove l’animale da cavalcare è un montone o una pecora, sicuramente uno spettacolo da non perdere per immergersi nella cultura del west!

Arches National Park

Arches National Park

Il nome del parco, Arches, fa già capire che si tratta di un sito di archi di roccia. Ciò che però il nome non dice è l’assurda quantità di archi naturali che il parco contiene: oltre 2.000! Fanno compagnia ai titolari di cattedra del parco centinaia di pinnacoli svettanti, vertiginose falesie e grandi rocce in equilibrio precario ( eh si, proprio quelle dei cartoni animati di Willy il Coyote!). Il paesaggio di Arches è tra i più stupefacenti del paese: un vero mondo delle meraviglie di pietra rossa che ogni anno cattura migliaia di turisti, ma che nasconde un’insidia: il caldo! L’ambiente è desertico e in estate le temperature possono facilmente superare i 40° – fino a 48° nel mese di luglio-, inoltre il sole picchia forte, la luce è davvero intensa e l’aria è secca. In poche parole se non ci andate nella stagione giusta- primavera e autunno – sarà difficile fare qualche percorso a piedi. Ma niente paura: una strada asfaltata di 37 km attraversa tutto il parco e permette di raggiungere gli archi più celebri, come Delicate Arch e Windows Section, un arco doppio. Per maggiori info www.nps.gov/arch.
La storia di Arches inizia circa 65 milioni di anni fa. A quel tempo, l’area era un fondale marino asciutto che si estendeva da un orizzonte all’altro. Poi il paesaggio cominciò lentamente a cambiare. Le forze geologiche arricciarono l’arenaria sepolta, come se fosse un enorme tappeto di cui si raccolgono i bordi l’uno verso l’altro. E mentre l’arenaria si deformava, si creavano gli abbozzi delle sculture rupestri che ammiriamo oggi. Successivamente dal livello del mare, la regione iniziò a salire raggiungendo migliaia di metri di altezza. La neve, il ghiaccio, le piogge hanno iniziato allora la fase di modellamento delle rocce. Ancora oggi l’acqua, vera archistar di Arch National Park, scolpisce questo ambiente più di ogni altra forza. L’acqua della pioggia ma anche l’acqua della neve sciolta. In inverno infatti la neve si accumula nelle fratture e nelle cavità, si scioglie col sole e di notte si ricongela, espandendosi e rompendo pezzi di arenaria. A poco a poco, strati di roccia fratturata diventano pinne e le pinne archi. Ma gli archi naturali hanno i secoli contati! Le stesse forze che li hanno creati li allargheranno a tal punto da farli crollare. Come è avvenuto nel 2008 con Wall Arch!

Capitol Reef National Park

Capitol Reef National Park

Situato nello Utah centro-meridionale, il Capitol Reef National Park è uno dei parchi più selvaggi della regione. Qui sarete catapultati in un paesaggio pietroso e semidesertico dove impera il colore rosso delle rocce. Sembra proprio di stare nella scena di un film western e con un po’ di fantasia ci si può anche sentire spiati dagli indiani, in agguato sulle alture. Non sarà invece illusione quella che vi farà intravedere figure incise sulle pareti di pietra, perché la zona è piena di testimonianze archeologiche della cultura precolombiana Fremont, che prende il nome dall’omonimo fiume. Le popolazioni Fremont vissero tra il ‘700 e il 1300 d.C. e spesso utilizzavano i canyon come rifugi naturali, decorandoli con pitture e incisioni di rara bellezza. Nonostante l’asperità del suolo, sono state varie le popolazioni che hanno vissuto nei millenni a Capitol Reef. Alla fine dell’800 vi giunsero pionieri mormoni che si stabilirono nel distretto di Fruita, all’incrocio tra il fiume Fremont e Sulphur Creek. Piantarono alberi da frutto che ancora oggi rappresentano il cuore dell’oasi. Visitando l’oasi di Fruita è possibile cogliere gratuitamente i frutti, ma solo quelli che si riescono a mangiare sul posto! Diversamente la raccolta è a pagamento. La Scenic Drive è lunga 30 km e la si può percorrere in auto pagando un piccolo ticket, il percorso mantiene la promessa del nome; in certi punti si guida all’interno dei tortuosi canyon di roccia. Gli amanti dei luoghi più remoti apprezzeranno Waterpocket District, a sud del parco – la zona offre vedute spettacolari del Waterpocket Fold – e Cathedral Valley, a nord del parco, conosciuta per le sue suggestive “cattedrali di roccia”.