Kusatsu Onsen

Kusatsu Onsen

Kusatsu Onsen è una delle località termali più frequentate del Giappone. Le sue sorgenti sono tante e abbondanti; inoltre la qualità medicamentosa delle acque è talmente buona da far dire ai giapponesi che qui si possono curare tutte le malattie, tranne il mal d’amore. Già famosa nella nazione, Kusatsu lo divenne anche in Europa grazie a Erwin von Baelz, un medico tedesco che prestò servizio presso la corte imperiale nella seconda metà dell’800 e nei suoi libri lodò il potere benefico di queste acque termali. La città è assai singolare, sviluppata com’è intorno ad una imponente sorgente termale, Yubatake, che sgorga con una produzione di 5000 litri al minuto, da una roccia. Frastuono d’acqua, vapori bollenti – l’acqua raggiunge i 70 gradi Celsius – e un forte odore di zolfo conferiscono al luogo una nota infernale molto apprezzata dai visitatori a caccia di posti insoliti. Sebbene non si tratti di un unicuum in Giappone, è la prima della lista nella top ten delle onsen giapponesi. Siccome è bollente non viene utilizzata sul posto, ma viene convogliata in condotti di legno dove si raffredda prima di essere distribuita ai vari ryokan e ai bagni pubblici raggruppati intorno allo Yubatake. I bagni pubblici più importanti sono il Sainokawara Rotemburo con grandi e spettacolari piscine all’aperto nel Parco Sainokawara, l’elegante Otakinoyu con piscine in legno di diverse temperature al coperto, e Gozanoyu, un bellissimo edificio in legno vicino allo Yubatake con due semplici bagni tradizionali; per approfondire queste onsen e i loro orari di ingresso: sainokawara.com. Non solo terme a Kusatsu che arroccata a 1200 metri di altitudine, tra le montagne della prefettura di Gunma, offre la possibilità di sciare in inverno e di praticare escursionismo nelle altre stagioni dell’anno.

Yamanouchi

Yamanouchi

Avete presente l’immagine delle scimmie giapponesi che fanno il bagno nelle vasche termali? Se volete incontrarle dal vivo dovete recarvi a Yamanouchi, un comune nella prefettura di Nagano settentrionale, a circa 4 ore e mezzo di viaggio da Kamikochi o a 5 ore da Takayama; è qui infatti che si trova il Jigokudani Monkey Park la cui attrazione sono i macachi giapponesi, conosciuti anche come scimmie delle nevi, che hanno trovato un modo molto piacevole di bypassare i rigori invernali: starsene a mollo nelle calde acque delle sorgenti termali naturali di cui è ricca la zona. Il parco ha una piscina artificiale, vicina all’ingresso, dove si riuniscono le scimmie. Pur essendo selvatiche, sono abituate agli umani per cui si lasciano osservare e fotografare senza fare una grinza, anzi ignorando completamente la presenza degli uomini. L’immagine più accattivante delle scimmie balneari si coglie quando l’area è coperta di neve. Il momento migliore per una visita è quindi gennaio e febbraio, ovviamente non sarete soli! Comprensibilmente queste simpatiche creature non sono molto propense a farsi delle abluzioni a 40° durante i mesi più caldi dell’anno; però anche in estate the show must go on! Così, se capitate nel parco in questo periodo, potrete vedere i guardiani del parco affaccendati nel convincere le scimmie a bagnarsi, lanciando continuamente del cibo nelle piscine. Al di là dei bagnetti termali, il luogo è molto interessante per osservare le interazioni di questi primati che vivono in grandi gruppi sociali. Chi volesse approfondire un po’ di etologia potrà recarsi presso il centro informazioni del parco, dove vengono spiegati usi e costumi dei macachi e le terribili lotte di potere dei maschi alfa. Per info sul parco: en.jigokudani-yaenkoen.co.jp/information.

Matsumoto

Matsumoto

Con un’oretta di viaggio da Kamichochi si raggiunge Matsumoto, la seconda città più grande della Prefettura di Nagano. La tappa è ineludibile per gli appassionati di castelli, in quanto qui c’è uno dei manieri antichi più belli del paese. Il contrasto della caratteristica boiserie nera con le parti bianche della struttura gli dona un’aria di grandezza e compostezza. E la sua sagoma che si staglia vivida e solenne sul fondale delle scintillanti Alpi giapponesi, crea uno splendido scenario, entrato in pieno titolo tra le immagini iconiche del sol levante. Il castello di Matsumoto è un hirajiro – cioè un castello costruito in pianura piuttosto che su una collina o una montagna – ed ha la particolarità di avere un mastio secondario e una torretta adiacenti al mastio principale. Il mastio principale e quello più piccolo furono costruiti a cavallo tra il XVI e il XVII secolo. Nel 1635 furono aggiunte altre due torrette, una delle quali per l’osservazione della luna. L’interno, ancora originale, è tutto in legno, e il visitatore vive davvero un’esperienza di immersione nel passato salendo le scale ripide che vanno su e giù per la strutture, affacciandosi dalle aperture degli arcieri o da quelle usate per lanciare massi sugli invasori, salendo sul ponte di osservazione all’ultimo piano del mastio principale dal quale la vista sulla città è lenticolare. Come ogni castello che si rispetti è avvolto in una nube di leggende che potete approfondire navigando sul sito ufficiale, dove troverete anche numerose notizie storiche e informazioni sugli orari e giorni di visita: www.matsumoto-castle.jp/lang/eng/legend. In primavera, il castello di Matsumoto diventa particolarmente animato, ma – con buona pace dei fantasmi – è l’esterno a calamitare i giapponesi in questa stagione: nel parco ci sono infatti centinaia di alberi di ciliegio che ad aprile sono in piena fioritura per la delizia dei visitatori.

Kamikochi

Kamikochi

Kamikochi, parte del Parco Nazionale Chubu Sangaku, è una famosa località montana, nella prefettura di Nagano, raggiungibile da Takayama in circa un’ora di viaggio in autobus. Qui in un ambiente incontaminato potrete ammirare alcuni dei paesaggi più spettacolari del Giappone. Non a caso è anche una delle mete più gettonate del paese sia in estate – metà luglio / tutto agosto – che in autunno. I giapponesi vanno matti per il foliage, quindi nei week end di ottobre potrebbe essere tutto sold out; occorre prenotare le strutture alberghiere in largo anticipo, specialmente intorno a Kappabashi. Il parco è aperto da metà aprile fino al 15 novembre e chiude durante l’inverno. Dal punto di vista fisico-geografico si tratta di un altopiano lungo 15 chilometri nella valle del fiume Azusa, a circa 1500 metri sul livello del mare, circondato da alte montagne, tra cui Nishihotakadake (2909 m), Okuhotakadake (3190 m), Maehotakadake (3090 m) e il vulcano attivo Yakedake (2455 m). Essendo una località protetta, nell’intera valle di Kamikōchi non è consentito l’accesso stradale alle auto private, ci si può giungere solo con autobus o in taxi. L’escursionismo la fa da padrone, con percorsi semplici e brevi, come il sentiero pianeggiante lungo il fiume Azusa, dallo stagno Taisho al ponte Myojin, fino alle salite alle vette circostanti, che invece, sono molto più impegnative, necessitano di una buona preparazione fisica e vanno preferibilmente intraprese solo nel periodo estivo, tra metà giugno e metà settembre. La vicinanza alla città fa sì che Kamikochi possa essere visitato in giornata, ma sarebbe un peccato vedere così poco! Consigliamo di soggiornare almeno un paio di notti, soprattutto se si vogliono affrontare trekking più interessanti; il più prestigioso – e dispendioso – tra gli alloggi disponibili in zona è il Kamikochi Imperial Hotel costruito nel 1933; ma ci sono alberghi, lodge e campeggi per tutte le tasche; info qui: www.kamikochi.org/plan/accommodation.

Takayama

Takayama

Continuiamo il nostro itinerario toccando un’altra perla storica del Giappone centrale, Takayama. Il relativo isolamento in cui si trovò per secoli, data la sua posizione in alta quota, le ha permesso di preservare intatto il suo patrimonio storico e di sviluppare una forte identità culturale. Takayama visse il suo massimo splendore nel periodo Edo (1600-1868) quando prosperò come una ricca città di mercanti. La città oggi si presenta con un territorio grandissimo, il più esteso del Giappone, essendo stata fusa a partire dal 1936, con varie città e villaggi vicini. Per ammirare la città vecchia bisogna recarsi nel distretto Sanmachi sūji, in particolare in via Sannomachi, dove sopravvivono intere strade risalenti al periodo Edo, con case antiche in legno e attività secolari come alcune piccole industrie di sakè e botteghe artigiane. Diverse abitazioni del centro storico sono aperte al pubblico, dando la possibilità di osservare l’interno di queste costruzioni in legno, dove in passato abitavano i mercanti locali. La zona va girata a piedi per ammirarne tutti i particolari, ma anche il risciò è una buona alternativa, favorendo tra l’altro l’immedesimazione nel mood retrò. Un tour di 30 minuti costa circa 7000 yen. Persino i due mercatini di Takayama sono storici: risalgono sempre al periodo Edo e da quell’epoca vengono chiamati, con una grazia lessicale tutta orientale, Asaichi, i mercati del mattino. Il mercato più grande, Miyagawa, prende il nome dal fiume sulle cui sponde si svolge; l’altro è Jinya-mae e si trova davanti al Takayama Jinya. Vi si può acquistare di tutto dagli alimenti, ai fiori, ai manufatti soprattutto in legno, ai souvenir come il sarubobo, letteralmente cucciolo di scimmia; si tratta di bamboline di pezza senza volto che nascono come talismani della zona dei monti Hida e oggi sono la mascotte di Takayama. Realizzate in diversi colori a seconda del potere espresso: quello rosso, il più classico, assicura un matrimonio felice, il giallo tanto denaro e il verde una buona salute, l’azzurro successo negli studi, ce n’è pure uno total black con effetto anti malocchio. Difficile scegliere! Le attrazioni di Takayama sono davvero tante; per un ragguaglio consigliamo: www.hida.jp/english/touristattractions/takayamacity/historyandculture.

Kanazawa

Kanazawa

Da Kyoto con due ore di treno si raggiunge la prima tappa di questo percorso del Giappone verso nord; è la città di Kanazawa, che in passato, grazie alla ricchezza derivatale dalla enorme produzione di riso, ha potuto competere con Kyoto e Tokyo in fatto di monumenti. Buona parte di questo antico splendore è rimasto intatto, in quanto, durante il secondo conflitto mondiale, Kanazawa venne risparmiata non avendo obiettivi militari. Sono varie le attrazioni storiche che possono essere visitate – la città vecchia, il castello, i quartieri dei samurai – ma il motivo per cui l’abbiamo inserita nell’itinerario è il giardino Kenrokuen, classificato come uno dei “tre giardini paesaggistici più bellidel Giappone insieme al Kairakuen di Mito e al Korakuen di Okayama. Kenrokuen nasce intorno al XVII secolo come giardino del castello di Kanazawa e per due secoli è stato arricchito di piante, di fontane e pagode. Venne aperto al pubblico nel 1871. Il nome Kenrokuen significa giardino delle sei sublimità. Secondo la teoria del paesaggio infatti un giardino per essere perfetto deve avere sei attributi essenziali: spaziosità, isolamento, artificiosità, antichità, acqua abbondante e ampie vedute. Kenrokuen comprende tutte queste sublimità: è grande, silenzioso, antico, pieno di punti panoramici, ma è anche ricco di artificiosità ovvero giochi d’acqua, ponticelli, case da tè, e di un elaboratissimo disegno paesaggistico in cui gli alberi e le piante creano uno spettacolo tutto l’anno. Due le stagioni di overbooking: la primavera con la fioritura dei ciliegi, lungo i ruscelli che attraversano il lato nord-orientale del giardino. E l’autunno con il foliage degli aceri arancioni e rossi. Ma anche d’inverno il giardino ha il suo “perché”; imbiancato dalla neve offre un’atmosfera particolarmente suggestiva a chi sceglie di visitarlo in questa stagione. Dopo averlo ammirato in lungo e largo, sarà piacevole fermarsi in una delle sue sale da tè per sorseggiare un te macha accompagnato da dolci tradizionali giapponesi. La Uchihashi-tei che si specchia sull’acqua dall’alto delle sue palafitte è la Tea House più bella del parco. Maggiori info su Kenrokuen qui: www.pref.ishikawa.jp/siro-niwa/kenrokuen/e/

Venire in inverno

Venire in inverno

Soggiornare ad Ancona non presenta particolari controindicazioni: è una città con una buona qualità della vita, abbastanza sicura e con diverse opportunità di svago. A cercare il pelo nell’uovo, forse, è preferibile non venire nei mesi invernali, diciamo da dicembre a febbraio, ma è un suggerimento assolutamente non vincolante. Un consiglio che nasce dalla considerazione di più aspetti: l’offerta ricettiva è un po’ più limitata; musei e altri luoghi di interesse praticano quasi tutti orari ridotti; e il clima che, seppur temperato, risente dei venti freddi provenienti dalla Russia ed è sicuramente più piovoso rispetto al resto dell’anno.

I dintorni di Ancona

I dintorni di Ancona

Il Passetto di cui abbiamo appena parlato fa parte del Parco Naturale del Conero, ente istituito alla fine degli anni ’80 del secolo scorso per preservare e valorizzare il patrimonio paesaggistico-ambientale dei comuni di Ancona, Sirolo, Numana e Camerano. Mare e montagna sono i punti a favore di questo parco che negli ultimi anni ha registrato una notevole crescita turistica grazie alla disponibilità di spiagge bellissime (segnaliamo, tra le altre, le spiagge delle Due Sorelle e di Portonovo) e sentieri escursionistici per gli appassionati di trekking e mountain bike. Non è finita, perché poco distante da Ancona (ca. 30 km) c’è Loreto, paese al confine con Macerata, famoso per il suo santuario, il principale luogo di culto mariano al mondo dopo Lourdes.

Passetto

Passetto

In Piazza IV Novembre, ai piedi del Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, c’è il Passetto, la spiaggia cittadina di Ancona. Va detto subito che non si tratta di un’arenile sabbioso: il Passetto è una spiaggia pietrosa e dal punto di vista ambientale non è un luogo di particolare pregio, eccezion fatta per il mare che invece è pulitissimo. A rendere speciale questa località sono le grotte che si susseguono lungo la linea di costa. Scavate agli inizi del ‘900 per il ricovero delle imbarcazioni da pesca e da diporto degli anconetani, queste cavità nel tempo sono state riadattate e ammodernate a uso residenziale e turistico. Con gli anni si è venuto a creare un ambiente coloratissimo e decisamente sui generis che da un lato testimonia il grande amore degli anconetani per il mare, dall’altro funziona anche come attrazione per i visitatori che arrivano in città. Il Passetto è raggiungibile a piedi da un sentiero che attraversa la falesia oppure, durante la stagione turistica, tramite un ascensore che parte dalla retrostante pineta (vd. foto). Da vedere! 

Parco del Cardeto

Parco del Cardeto

Un parco urbano a ridosso del centro storico è una rarità di cui andar fieri. Nel caso del Parco del Cardeto, poi, oltre all’elevato valore paesaggistico-ambientale bisogna considerare anche quello storico-culturale. L’area, infatti, vanta diversi punti di interesse che raccontano la storia della città. Basti pensare al Campo degli Ebrei, uno dei cimiteri ebraici più grandi d’Europa con 178 cippi funerari dal XV e il XIX secolo; o al Vecchio Faro, voluto nel 1860 da Pio IX, e rimasto attivo fino alla seconda metà del ‘900. Dettaglio non da poco, nei pressi di questo faro c’è un piccolo edificio rettangolare da cui, nei primi del ‘900, Guglielmo Marconi condusse i suoi primi esperimenti col telegrafo. Ancora, nei pressi del Monte Cardeto che dà il nome al parco c’è la Polveriera Castelfidardo, recentemente restaurata e trasformata in auditorium, senza dimenticare che in questo polmone verde di 35 ettari sono state ritrovate tracce dei primi insediamenti piceni. Insomma, il Parco del Cardeto abbina natura e cultura e dal 2005, anno della sua inaugurazione, rappresenta un fiore all’occhiello della città di Ancona e delle Marche tutte. Da vedere!

Arco di Traiano

Arco di Traiano

L’Arco di Traiano, all’estremità orientale del porto, è senza dubbio tra le cose più importanti da vedere ad Ancona. Molte guide, addirittura, mettono il monumento al primo posto tra i punti di interesse della città, e non c’è dubbio che dal punto di vista storico l’opera abbia un’importanza notevole. A volerne l’edificazione, attorno al 100 d. C. fu il Senato di Roma, che in questo modo intese ringraziare l‘imperatore Traiano, artefice, a sue spese, dell’ampliamento del porto di Ancona. L’infrastruttura serviva sì a migliorare i commerci ma, soprattutto, era funzionale alla campagna militare per la conquista della Dacia, regione storica coincidente con la gran parte dell’Europa centrale. L’esecuzione dell’arco venne affidata a un tale Apollodoro di Damasco, architetto di origini siriane al servizio dell’imperatore Traiano per conto e in nome del quale realizzò diverse altre opere a Roma, e non solo. Venendo all’oggi, l’Arco di Traiano di Ancona, pur privato della maggior parte dei suoi elementi decorativi, e pur inserito in un contesto urbanistico completamente diverso rispetto a quello in cui vide la luce, ha conservato intatte maestosità e fascino testimoniando l’importanza strategica e soprattutto la dimensione cosmopolita della città. Da vedere!   

Museo Archeologico Nazionale delle Marche

Museo Archeologico Nazionale delle Marche

A neanche 500 metri dalla Pinacoteca F. Podesti c’è Palazzo Ferretti, sontuoso edificio del ‘500 al cui interno, dal 1958, è ospitato il Museo Archeologico Nazionale delle Marche. In tutto una trentina di sale suddivise in 4 sezioni: Preistorica, con un’incredibile serie di reperti (incisioni, attrezzi da lavoro ecc.) che vanno dal Paleolitico all’Età del Bronzo; Protostorica, il cui focus è sulla civiltà picena e sui contatti di questa coi greci e col mondo etrusco (dal IX al III secolo a. C.); Greco-ellenistica, con tutta una serie di reperti risalenti alla colonizzazione dorica; infine la Sezione Romana, tra i cui reperti spicca la riproduzione dei Bronzi Dorati da Cartoceto (gli originali si trovano a Pergola, in provincia di Pesaro Urbino, e sono al centro di una querelle). Insomma, il Museo Archeologico Nazionale delle Marche ad Ancona è tappa imprescindibile per chiunque sia realmente interessato ad approfondire il genius loci della città e dell’intera regione. Per maggiori informazioni: www.musei.marche.beniculturali.it.

Pinacoteca Civica “Francesco Podesti”

Pinacoteca Civica "Francesco Podesti"

In vicolo Foschi, proprio di fianco alla Chiesa di Santa Maria della Piazza, c’è l’ingresso della Pinacoteca Civica di Ancona intitolata al pittore locale Francesco Podesti (1800 -1895). Suo il contributo determinante per l’apertura di questo spazio museale, anche se l’attuale ubicazione all’interno di Palazzo Bosdari risale al 1973. La pinacoteca ospita centinaia di opere d’arte per un arco temporale di circa 500 anni, dal XIV al XIX secolo. Per dare un’idea dell’importanza del luogo, senza pretesa di esaustività, ricordiamo i quadri di Tiziano, del Guercino, di Carlo Crivelli e di Lorenzo Lotto. Non è finita, perché nella Galleria di Arte Moderna c’è spazio per alcune opere di Carlo Levi, pittore e scrittore torinese famoso al grande pubblico per il romanzo autobiografico “Cristo si è fermato a Eboli”. Da vedere! 

Cattedrale di San Ciriaco

Cattedrale di San Ciriaco

Il Duomo di Ancona, in cima al colle Guasco, con una magnifica vista sulla città, è la prova regina dell’influenza levantina fin qui più volte richiamata. Innanzitutto, diversamente dalla maggior parte delle chiese cattoliche, che sono a croce latina (navata e transetto sono di lunghezza diversa), la cattedrale anconetana, come da tradizione bizantina, è a croce greca (navata e transetto hanno la stessa lunghezza e si intersecano esattamente a metà). Il secondo aspetto ha a che fare proprio con San Ciriaco, il patrono della città, proveniente da Gerusalemme. E sono proprio le spoglie del santo, tuttavia visibili solo nel mese di maggio, una delle attrazioni più importanti del Duomo di Ancona. Vengono esposte nella Cripta dei Protettori, nella navata sinistra, e sono oggetto di venerazione da parte dei fedeli, tanto più dopo che un’autopsia ha confermato il martirio per mano dei romani. Ovviamente, c’è molto altro da vedere: la facciata esterna, mirabile esempio di stile romanico; i leoni in marmo rosso di Verona davanti al portale d’ingresso; le colonne romane che delimitano l’interno; la Cappella della Madonna nella navata di destra. Insomma, c’è davvero da rimanere a bocca aperta. A stupire, inoltre, è la storia antichissima di questo luogo di culto che sorge su una basilica paleocristiana intitolata a San Lorenzo (VI secolo d.C.) a sua volta edificata su un precedente tempio greco dedicato a Venere Euplea (IV secolo a.C.). Consiglio extra: se c’è modo e tempo val la pena visitare anche il vicino Anfiteatro Romano.   

Chiesa di Santa Maria della Piazza

Chiesa di Santa Maria della Piazza

A poche centinaia di metri dalla Loggia dei Mercanti, sempre a ridosso del porto, la Chiesa di Santa Maria della Piazza è un altro passaggio obbligato di una visita ad Ancona. Anche a volerla saltare, infatti, magari per fare visita alla più famosa Cattedrale di San Ciriaco, questa chiesa si impone all’attenzione del turista grazie alla stupenda facciata in marmo di derivazione bizantina. Il ricorso ad archetti ciechi come motivi decorativi dell’esterno, tema peraltro condiviso con altre chiese marchigiane e toscane, conferma la forte influenza levantina sulla città, non a caso conosciuta pure coll’appellativo di “Porta d’Oriente”. All’interno, invece, l’edificio si presenta a tre navate e a croce latina, col particolare, però, di un transetto sopraelevato aggiunto in un secondo momento rispetto all’impianto originario del XIII secolo. Altro motivo di fascino la presenza, nei sotterranei della chiesa, dei resti di una basilica paleocristiana con ogni probabilità intitolata a Santo Stefano. Parliamo di un fonte battesimale, di tracce di antichi affreschi e delle fondamenta di un altare maggiore: tutti reperti collocabili tra il IV e il VI secolo d.C. Non manca, ovviamente, la leggenda di riferimento secondo cui quest’antica basilica sarebbe stata intitolata a Santo Stefano perché un marinaio, testimone del martirio del santo, avrebbe raccolto una pietra che ne aveva colpito il gomito durante la lapidazione e con quella avesse disposto, successivamente, l’edificazione di un luogo di culto dedicato al martire. La storia, raccontata da Sant’Agostino in persona, spiegherebbe anche l’etimo del nome della città: Ancona dal greco “ankòn” che significa appunto gomito.