Narni

Narni

Resa celebre dai romanzi fantasyThe Chronicles of Narnia” (tradLe cronache di Narnia) dello scrittore inglese C.S. Lewis, Narni è una delle destinazioni turistiche più famose dell’Umbria meridionale. A renderla tale, però, non c’è solo il turismo letterario. Sono perlomeno altri tre i fattori che concorrono alle fortune turistiche di questa cittadina di circa 18.000 abitanti: in primis il centro storico medievale (da vedere: Palazzo dei Priori; Palazzo Comunale e soprattutto la Cattedrale San Giovenale); in secondo luogo la scoperta, nel 1979, di un percorso sotterraneo ricco di testimonianze storiche (dall’epoca romana fino alla Santa Inquisizione); in ultimo ma non per ultimo, il primato di Centro Geografico d’Italia (sia pure conteso con Rieti) individuato in corrispondenza di un antico ponte romano, Ponte Cadorna, da allora meta gettonata dagli appassionati di trekking. Non è finita, perché c’è un altro antico ponte romano degno di menzione: stiamo parlando del Ponte di Augusto sulle acque del fiume Nera, a circa mezz’ora di cammino da Piazza dei Priori. Merita una visita, infine, pure la Rocca di Albornoz, fortezza papale che domina dall’alto il paese, quest’ultima distante dal centro circa 20 minuti a piedi. Da vedere!

Cascata delle Marmore

Cascata delle Marmore

La cascata più alta d’Europa. Irruenta o esotica a seconda della portata d’acqua regolata dalle paratie. Già, perché la Cascata delle Marmore non è naturale. Al contrario, è opera dell’uomo, risalente addirittura al 271 a.C. Furono i romani a realizzare il salto, con lo scopo di favorire il deflusso delle acque del Velino che, esondando, distruggevano i territori circostanti. Va detto, però, che il problema delle piene venne risolto solo sul finire del ‘700 grazie all’intervento dell’architetto Andrea Vici a cui si deve il volto definitivo della cascata. Cascata nel XIX e XX secolo ha attratto numerosi artisti e letterati provenienti da ogni parte d’Europa. Tra questi il poeta e politico inglese Lord Byron che alle Marmore dedicò versi memorabili e alla cui figura è dedicata una statua all’interno del Parco istituito nel 1995 allo scopo di proteggere la cascata e l’habitat boschivo tutt’attorno. Proteggere e allo stesso tempo valorizzare, facendo di quest’area a cavallo delle province di Terni e Perugia una delle attrazioni principali della regione. Per maggiori informazioni su orari, prezzi, modalità di visita e percorsi escursionistici consultare il sito: www.cascatadellemarmore.info.

Terni

Terni

Medioevo versus Rinascimento. Finora è stato questo il “termometro” utilizzato per misurare l’aderenza al genius loci umbro dei territori raccontati. Nel caso di Terni, però, bisogna fare un’eccezione. Non che in città manchino tracce architettoniche, elementi urbanistici e riferimenti culturali riconducibili a questo o a quel periodo, ma la vera “cifra” della seconda città dell’Umbria è il ‘900, secolo in cui, grazie alle sue acciaierie, si affermò come icona della produttività nazionale. Uno dei simboli dell’identità siderurgica di Terni è l’obelisco “Lancia di luce” realizzato dallo scultore Arnaldo Pomodoro. L’opera, ovviamente in acciaio, si distingue per le diverse colorazioni dei blocchi che la compongono a rimarcare, appunto, l’arte dei maestri fonditori della città. Non è finita perché merita assolutamente una visita anche il Centro Arti Opificio Siri (CAOS): si parla, in questo caso, della riconversione di un’ex fabbrica chimica che oggi ospita diversi spazi museali e innumerevoli eventi culturali. Per il resto, come detto poco sopra, a Terni non mancano vestigia romane (Anfiteatro Fausto); medievali (Torre Barbarasa) e rinascimentali (Palazzo Spada); come pure non mancano le chiese (Cattedrale di S. Maria Assunta, Chiesa di San Salvatore, San Francesco eccetera) a conferma di come non solo Assisi ma tutta l’Umbria possa essere considerata centro nevralgico della cristianità.

Spoleto

Spoleto

Meno spirituale di Assisi; meno medievale di Gubbio; meno artistica di Perugia: eppure Spoleto è una meta turistica internazionale e forse il segreto sta proprio in quel “meno” che non significa assenza di solidi ancoraggi storici, religiosi e artistici; al contrario significa che qui, diversamente dalle località sopraccitate, le vestigia classiche, medievali e rinascimentali sono in equilibrio tra loro, senza alcun elemento predominante. Questo spiega il dinamismo della città, in cui c’è spazio anche per incursioni colte nella contemporaneità suggellate nell’annuale appuntamento col Festival dei Due Mondi a cavallo dei mesi di giugno e luglio. Quanto alle cose da fare e vedere sono molte, tant’è che generalmente si consiglia di soggiornare almeno un weekend. Qui ricordiamo la Cattedrale intitolata a Santa Maria Assunta che, insieme alla circostante Piazza Duomo, a Piazza del Mercato e più in generale al dedalo di strade che disegna l’ampio centro storico (Via delle Mura Ciclopiche, Via di Porta Fuga eccetera) costituiscono i punti di interesse più rappresentativi di Spoleto. Da vedere! 

Castelluccio di Norcia

Castelluccio di Norcia

Il posto più freddo dell’Umbria, con temperature che durante l’inverno possono raggiungere i -30°C; ma, dal punto di vista naturalistico, probabilmente anche il più bello, richiamo per migliaia di turisti che dalla fine di giugno alla metà di luglio raggiungono Castelluccio di Norcia, paesino a circa 1500 m.s.l.m., nel cuore dei Monti Sibillini, per assistere alla fioritura delle lenticchie. Il terremoto che nel 2016 ha colpito il Centro Italia e che a Norcia e nelle frazioni tutt’attorno ha provocato danni ingentissimi non ha fermato quello che con gli anni è diventato una sorta di pellegrinaggio laico per vedere da vicino uno spettacolo naturale con pochi eguali al mondo. La particolarità, infatti, sta nella policromia della fioritura: non solo quella delle lenticchie, i cui fiori oscillano dal bianco al viola, ma pure quella dei papaveri (rossi), delle margherite (bianche) e dei fiordalisi (blu) che grosso modo tutti assieme fioriscono nella distesa del Pian Grande. Dettaglio non trascurabile: la Lenticchia di Castelluccio di Norcia è un prodotto agricolo a Indicazione Geografica Protetta (IGP) dalle grandissime qualità nutritive.   

Foligno

Foligno

Ci sono guide sull’Umbria in cui Foligno non viene nemmeno menzionata. I motivi vanno ricercati nella carenza di rimandi medievali e nell’orografia prevalentemente pianeggiante, elementi che discostano la città dall’immagine del tipico borgo umbro andata via via consolidandosi nell’immaginario turistico. In altre guide, invece, è proprio la diversità di Foligno a essere esaltata, strizzando l’occhio al turista che ama andare alla scoperta di luoghi meno battuti e per questo più autentici. E, va detto, autentica Foligno lo è davvero. Basta dirigersi a Piazza della Repubblica, cuore pulsante della città, per rendersene conto. Attorno a questa piazza, una delle più belle della regione, sono concentrati la maggior parte dei punti di interesse cittadini. A cominciare dal Duomo intitolato al patrono San Feliciano, proseguendo per Palazzo Trinci, dove è allestito il Museo civico, fino all’Oratorio della Nunziatella e alla Chiesa della Santissima Trinità in Annunziata. Nel primo c’è Il Battesimofamosa tela del Perugino, mentre nella Chiesa della Santissima Trinità c’è uno dei capolavori riconosciuti dell’arte contemporanea. Stiamo parlando della Calamita Cosmica dell’artista marchigiano Gino De Dominicis, un enorme scheletro in polistirolo e calce dai molteplici significati simbolici. Se ce n’è modo merita una visita anche Rasiglia, paesino distante pochi chilometri da Foligno, famoso per il suo paesaggio bucolico fatto di torrenti, cascate e mulini. Menzione speciale, infine, per la tradizionale Giostra della Quintana, torneo equestre di origine seicentesca tornato in auge dopo la seconda guerra mondiale.

Assisi

Assisi

Per storia e sviluppo architettonico Assisi è una città tipicamente umbra. Quello che la rende davvero unica al mondo sono due altri aspetti tra loro indissolubilmente legati: la spiritualità, emanazione del culto di San Francesco d’Assisi; e l’inestimabile patrimonio artistico sparso nelle innumerevoli chiese cittadine. Insomma, per importanza religiosa e capacità di ammaliare il visitatore il paragone più calzante è probabilmente con Roma. Da qui anche le sue fortune turistiche, pure se l’affluenza, specie nei periodi di alta stagione, inevitabilmente confligge con la dimensione più intima del turismo religioso. Stante queste premesse, le cose da vedere sono davvero tante. Quelle a nostro avviso davvero imperdibili sono la Basilica di San Francesco (o meglio le due Basiliche Superiore e Inferiore); la Basilica di Santa Maria degli Angeli; il Tempio di Minerva; la Cattedrale di San Rufino e in ultima, ma non per ultima, la Basilica di Santa Chiara. In particolare, le basiliche di San Francesco e Santa Maria degli Angeli sono i due punti di interesse senza aver visitato i quali non si può dire di essere stati davvero ad Assisi. Non solo, o non tanto, per l’importanza che queste due chiese hanno nella biografia del santo; quanto piuttosto per il patrimonio artistico che custodiscono. Da Giotto a Pietro Lorenzetti, passando per Cimabue questi luoghi sacri testimoniano una delle transizioni più importanti della storia dell’arte italiana: il passaggio dalla solennità bizantina al realismo dell’estetica medievale. Da vedere!

Gubbio

Gubbio

Se la prevalenza di elementi architettonici rinascimentali fa di Città di Castello un’eccezione nel panorama regionale, Gubbio, al contrario, è la quintessenza della città medievale umbra. Un aspetto talmente profondo che per una visita in città davvero basta solo farsi guidare dalla curiosità. Ciò detto, un elenco di cose da vedere, sia pure non esaustivo, ha comunque la sua utilità. En passant segnaliamo Palazzo dei Consoli, ubicato nella splendida Piazza Grande, e Palazzo Ducale, vicino al Duomo intitolato ai Santi Mariano e Giacomo. Palazzo dei Consoli, simbolo del periodo comunale, ospita il Museo Civico, il cui pezzo forte sono le Sette Tavole Iguvine (o Eugubine), lastre in bronzo con incisioni in lingua umbra e latina attestanti le origini del territorio. Palazzo Ducale, invece, voluto da Federico da Montefeltro quale simbolo dell’autorità signorile, ospita una pinacoteca con una collezione di pittori umbri dal ‘400 al ‘700 (acronimo MAD). Capitolo chiese: sono tante e ognuna meriterebbe una visita. Oltre alla già menzionata cattedrale, segnaliamo: la Chiesa di San Francesco in Piazza Quaranta Martiri; la Chiesa di San Francesco della Pace in via Savelli della Porta; e la Basilica di Sant’Ubaldo, fuori dalle mura cittadine. Le prime due richiamano momenti topici della vita del santo di Assisi: la fuga dalla casa paterna, la prima; l’ammansimento di un lupo famelico che minacciava Gubbio, la seconda. Quanto alla Basilica del santo patrono è famosa per essere il culmine della millenaria tradizione della Festa dei Ceri che ogni anno, il 15 maggio, vede una grandissima partecipazione di fedeli. 

Città di Castello

Città di Castello

Città di Castello è una località particolare nel panorama umbro. Infatti, diversamente da Perugia e dalle altre città della regione, qui, grazie al mecenatismo della famiglia Vitelli, signori assoluti del territorio tra XV e XVI secolo, a prevalere è l’impronta rinascimentale e non quella medievale. E proprio nel palazzo principale di famiglia (Palazzo Vitelli), impreziosito dalle decorazioni del grande Giorgio Vasari, è allestita la Pinacoteca comunale, seconda, per importanza, soltanto alla perugina Galleria Nazionale dell’Umbria. All’interno sono custodite opere di Raffaello, Signorelli, Della Robbia, il Ghirlandaio e altri artisti rinascimentali. Non è finita, perché il legame di Città di Castello con l’arte abbraccia anche la contemporaneità. Il merito, in questo caso, è di Alberto Burri, il più famoso artista tifernate (1915 – 1995) le cui opere sono esposte a Palazzo Albuzzini e negli Ex Seccatoi del Tabacco, nell’immediata periferia cittadina. Dopo i musei, è la volta delle chiese. Due in particolare: San Domenico e San Francesco, entrambe abbellite dal genio di Raffaello Sanzio, anche se le opere dell’artista urbinate – “la Crocifissione” nel primo caso e “lo Sposalizio della Vergine” nel secondo – sono oggi rispettivamente esposte nella National Gallery di Londra e nella Pinacoteca Brera di Milano. Infine, menzione obbligata per il tartufo bianco, eccellenza gastronomica del territorio a cui da moltissimi anni, ormai, è dedicata una mostra-mercato di grande successo che generalmente si svolge a cavallo dei mesi di ottobre e novembre (nella foto il portale del duomo dedicato ai Santi Florido e Amanzio).    

Perugia

Perugia

Perugia è un compendio fedele dello spirito umbro. La cinta muraria, per esempio, reca tracce etrusche, romane e rinascimentali; analogamente, l’articolato sistema viario del centro è fatto di vicoli risalenti alla civiltà etrusca mentre corsi e piazze si sono sviluppati durante il XIX secolo. I rimandi storici non finiscono qua, perché anche l’artigianato di prossimità, che a Perugia sopravvive a dispetto dei tempi, è erede diretto delle corporazioni medievali dei mestieri. Corporazioni di cui v’è traccia nei musei allestiti ai primi piani di quel Palazzo dei Priori che insieme a Piazza IV Novembre e alla Cattedrale di San Lorenzo sono tra i maggiori punti di interesse della città. E, sempre a proposito di musei, menzione obbligata per la Galleria Nazionale dell’Umbria, una delle pinacoteche più importanti d’Italia – sicuramente la più importante della regione – anch’essa ubicata all’interno del già citato Palazzo dei Priori. La collezione annovera diverse tele di Pietro Vannucci, detto “Il Perugino“, oltre a opere di Beato Angelico, Piero della Francesca e Bernardino di Betto Betti, in arte “Pinturicchio“. Insomma, a Perugia tutto è storia, e la vicenda della Rocca Paolina n’è ulteriore conferma. Infatti questa costruzione, simbolo del dominio pontificio sulla città, venne distrutta dopo la fine del processo unitario per far posto, appunto, a Piazza Italia, suggello del vittorioso Risorgimento. La storicità dei luoghi, però, non va a discapito della modernità. Al contrario, Perugia è una città all’avanguardia per i servizi offerti. In particolare, la mobilità: dalle scale mobili per arrivare in centro, al Minimetrò, linea ferroviaria a doppio binario che collega tutte le principali porte d’ingresso cittadine. Menzione obbligata, infine, per due eventi di caratura internazionale: Umbria Jazz (UJ) che tradizionalmente si svolge a luglio ed Eurochocolate, manifestazione gastronomica interamente dedicata al cioccolato che invece si svolge nel mese di ottobre. Da vedere!

Stare più di tre giorni

Stare più di tre giorni

Un weekend è più che sufficiente per visitare Salerno, abbinando al soggiorno in città anche una visita alle località dei dintorni di cui abbiamo appena detto. Se invece ci si vuol focalizzare esclusivamente sulla città, allora ventiquattro ore possono bastare.

I dintorni

I dintorni

Oltre alle località della Costiera amalfitana facilmente raggiungibili sia via terra (tutto l’anno) che via mare (da Pasqua a ottobre), una volta a Salerno vale la pena visitare i parchi archeologici di Paestum e Pompei. Parliamo di località di fama mondiale, distanti meno di un’ora d’auto (qualcosa in più coi mezzi pubblici), e perciò facilmente abbinabili al soggiorno in città.

Castello di Arechi

Castello di Arechi

Noi l’abbiamo messo al sesto posto; altre guide, invece, mettono il Castello di Arechi al primo posto tra le cose da fare e vedere a Salerno non foss’altro per il panorama che regala dalla Costiera amalfitana fin sulla costa calabrese. Va da sé, al primo, al secondo o al sesto posto poco importa: quel che importa è che vale la pena visitare questa fortezza non solo per la vista, ma anche per i reperti presenti nel Museo medievale allestito nel 2009. Testimonianze rinvenute, tra l’altro, durante le campagne di scavo condotte all’interno e tutt’attorno al castello, e che hanno consentito una più minuziosa ricostruzione storica delle diverse dominazioni succedutesi nel corso dei secoli sulla città. È emerso, ad esempio, che il primo Castrum fu realizzato dai romani nel III secolo. Il principe longobardo Arechi II, a cui il castello è intitolato, arrivò in città solo 500 anni dopo limitandosi – si fa per dire – a sopraelevare le mura già esistenti, estendendo le cinte laterali fin quasi sulla costa, in modo da assicurare una protezione triangolare alla città, il cui apice, appunto, era costituito da questo castello a 300 metri sul livello del mare. E, bisogna riconoscere, durante l’era longobarda, dall’VIII all’XI secolo, il castello di Salerno non venne mai espugnato. La stessa capitolazione nel 1077 a opera del normanno Roberto Il Guiscardo avvenne per mancanza di viveri delle truppe di Gisulfo II asserragliate all’interno della fortezza. Dopo romani, longobardi e normanni fu la volta degli aragonesi che fecero del castello un punto di riferimento centrale del proprio articolato sistema difensivo. Dopo questi, però, sopraggiunse un lento e inesorabile declino culminato coll’abbandono definitivo dell’edificio nel corso del XIX secolo. Solo sul finire del ‘900 si è messo mano alla valorizzazione del bene che, oltre al già richiamato museo medievale, è proseguita nella realizzazione di un ristorante e una sala convegni, così da ospitare in una location esclusiva cerimonie, meeting e incontri di carattere culturale.

Per maggiori informazioni consultare il sito: www.castellodiarechi.it.

Luci d’Artista

Luci d'Artista

Per spiegare le fortune turistiche di un territorio spesso la bellezza da sola non basta. Quasi sempre occorre qualcosa che attragga il visitatore, un evento che funzioni come una leva in grado di fare emergere le altre potenzialità più o meno nascoste. Questa è stata la funzione de “Le Luci d’Artista” a Salerno: appunto far scoprire al turista che accorre in città per le luminarie natalizie, i monumenti, le chiese e tutti gli altri punti di interesse di cui la seconda città della Campania è ricca e che però per molto tempo hanno fatto fatica a emergere per tutta una serie di ragioni, tra cui quella sommariamente esposta in apertura, vale a dire la vicinanza geografica alla più nota Costiera Amalfitana. Dal 2006, però, le cose sono progressivamente cambiate e oggi Salerno ha una sua dimensione turistica. Dimensione che per di più non è limitata ai canonici mesi estivi, quelli da Pasqua a ottobre, ma proprio grazie alle Luci D’Artista si protrae anche nei mesi invernali di dicembre e gennaio.

Per maggiori informazioni cultura.comune.salerno.it/lucidartista.

Acquedotto medievale

Acquedotto medievale

Proprio sotto il colle Bonadies, dove sorge il Castello di Arechi di cui abbiamo appena parlato, c’è un’altra importante traccia della dominazione longobarda a Salerno. Parliamo dell’Acquedotto costruito nel IX secolo per l’approvvigionamento idrico del monastero benedettino presente in città. Tuttavia, più che per l’aspetto ingegneristico – due rami di archi che si diramano in direzione Nord/Sud ed Est/Ovest – quest’acquedotto è famoso per le leggende popolari che vi sono associate. Quella secondo cui proprio nei pressi della struttura si sarebbero incontrati i fondatori della Scuola Medica Salernitana: l’arabo Adela, il greco Ponto, l’ebreo Salino e il latino Salerno; e quella, maggiormente diffusa, secondo cui quest’acquedotto sarebbe stato costruito nel XII secolo da un mago salernitano, tal Pietro Barliaro, addirittura con l’aiuto di alcuni demoni. Da qui l’appellativo di Ponte del Diavolo – in dialetto Pont ro riavl – con cui quest’opera in pieno centro storico a Salerno è stata soprannominata perlomeno fino agli inizi del ‘900. Leggende a parte, l’Acquedotto di Salerno merita una visita proprio perché costituisce una testimonianza preziosa del passato medievale della città. Una testimonianza che ha attraversato pressoché indenne i secoli e che ha resistito egregiamente alla pressione antropica, tra palazzi e traffico veicolare, esplosa nel corso del XX secolo. Da vedere!