Chiesa degli Eremitani

Chiesa degli Eremitani

Il patrimonio chiesastico di Padova è tutt’uno col suo patrimonio artistico. Prova ne sia la tutela UNESCO del 2021 degli affreschi di 8 chiese cittadine, tra cui, appunto, la Chiesa degli Eremitani. Il sito UNESCO si chiama “I cicli di affreschi del Trecento di Padova” (“Padua’s fourteenth-century fresco cycles“) e, nel caso degli Eremitani, tutela e valorizza i dipinti di Andrea Mantegna presenti nella Cappella Ovetari e quelli di Giusto de’ Menabuoi che decorano, invece, la Cappella del Sacro Cuore (di quest’ultimo segnaliamo anche gli affreschi che decorano il Battistero adiacente al Duomo). Il ciclo di affreschi di Mantegna, in particolare, ha una storia unica alle spalle: distrutto a seguito di un bombardamento nel marzo del 1944 è stato ristrutturato con l’ausilio della tecnologia e restituito al pubblico nel 2006. Non è però l’unico motivo di fascino. È tutta la chiesa nel complesso ad affascinare per l’impianto architettonico francescano del XIV secolo: vale sia per l’esterno, dove spiccano le cinque arcate che ne disegnano la parte inferiore; che l’interno a una navata sormontato da un soffitto ligneo a carena di nave. A fianco la chiesa c’è l’antico convento dove un tempo si fermavano i pellegrini in viaggio (da cui il nome della chiesa) oggi sede dei Musei Civici di Padova. Anche qui vale la pena fare una visita.

Piazza Prato della Valle

Piazza Prato della Valle

Gabriele D’Annunzio ebbe sempre una predilezione per le piazze. Dalla vis oratoria capace, appunto, di “incendiarle“, fino agli splendidi versi dedicati a Piazza dei Miracoli a Pisa, quello tra il poeta abruzzese e la piazza è sempre stato un rapporto politicamente e poeticamente assai intenso. E anche dopo la morte ha continuato a esserlo, come testimonia la recente dedica di una statua a Trieste, peraltro comprensibilmente contestata dalle autorità croate. Anche Prato della Valle a Padova suscitò la curiosità del Vate. A questa piazza D’Annunzio dedicò bellissimi versi, facendo derivare l’amore per la città più che dalle numerose opere d’arte presenti (da Giotto a Mantegna) proprio dalla contemplazione di questa gigantesca piazza, seconda per dimensioni solo alla Piazza Rossa di Mosca. Ma nel tuo prato molle, ombrato d’olmi | e di marmi, che cinge la riviera | e le rondini rigano di strida, || tutti i pensieri miei furono colmi | d’amore e i sensi miei di primavera, | come in un lembo del giardin d’Armida.” A volere la realizzazione di Prato della Valle, invece, fu nel 1795 il Provveditore della Repubblica di Venezia Andrea Memmo. Sua l’intuizione di trasformare quello che fino a quel momento era stato un gigantesco acquitrino in un giardino ovoidale in cui trasferire per la prima volta in una dimensione pubblica la tradizione veneta del giardino patrizio. Quindi da soluzione privata a soluzione urbanistica: da qui le statue con alcuni dei personaggi più illustri della città (compreso lo stesso Memmo); l’isola verde centrale (Isola Memmia); e il canale d’acqua. Da vedere!

Palazzo della Ragione

Palazzo della Ragione

Come abbiamo visto in precedenza Palazzo della Ragione sorge al centro di due piazze: Piazza delle Erbe e della Frutta. Non è l’unico dettaglio: l’edificio, infatti, è anche al centro di un articolato complesso di palazzi (Palazzo degli Anziani; Palazzo del Consiglio; Palazzo Despite) a rimarcare la maggiore importanza dell’amministrazione della giustizia e della finanza – a questi scopi erano destinati gli ambienti che lo compongono – sulle attività mercatali che si svolgevano tutt’attorno. Ci sono anche diverse tracce di questa centralità. Ne segnaliamo tre: in primis, il Volto della Corda, arco ad angolo tra Palazzo del Consiglio e la parte est di Palazzo della Ragione. Sotto questo passaggio bugiardi, insolventi, imbroglioni, falliti venivano colpiti alla schiena con delle corde (da cui il nome) per punirne la condotta. In secondo luogo, la Pietra del Vituperio, pietra di porfido nero su cui, alla presenza di testimoni, venivano fatti sedere nudi i debitori insolventi (da cui il detto “restar in braghe di tela”) con la solenne promessa di cedere i propri beni e rifarsi una vita altrove. In ultimo, il passaggio sospeso (quest’ultimo non più presente) che metteva in comunicazione Palazzo della Ragione e Palazzo Despite, adibito a prigione. Detto sinteticamente della funzione storica – ricordiamo che la costruzione di Palazzo della Ragione risale al ‘200 – vale la pena approfondire anche gli interni. A cominciare dal bellissimo Salone del piano superiore che oltre a essere sormontato da un tetto a carena di nave è interamente decorato da 500 affreschi a tema astrologico. Tra l’altro, dettaglio affatto secondario, l’originario ciclo pittorico, risalente agli inizi del ‘300, fu realizzato da Giotto. Quello che ammiriamo oggi, invece, è opera di tale Nicolò Miretto, pittore padovano che fu chiamato a ripristinare gli affreschi andati distrutti a seguito di un incendio scoppiato nel 1420. Da vedere, infine, il cavallo ligneo al centro della sala donato al comune di Padova nel 1837 dalla famiglia Capodilista e risalente anch’esso al XV secolo (vd. foto). Per maggiori info: Palazzo della Ragione.

Piazza delle Erbe e della Frutta

Piazza delle Erbe e della Frutta

Padova ha sempre avuto una spiccata vocazione commerciale. C’è traccia di scambi già in epoca pre-romana, anche se è nel Medioevo che queste due piazze, divise al centro dall’imponente Palazzo della Ragione (vd. prossimo punto), divennero veri e propri bazar. I toponimi suggeriscono la prevalenza di generi alimentari ma oltre a verdure, ortaggi e carne venivano venduti tessuti, pellicce, calzature, ferro battutto, vino e tanto altro. Ancora oggi la funzione commerciale è ben presente: queste due piazze, infatti, ospitano uno dei mercati all’aperto più grandi d’Italia. Da vedere!  

Basilica di Sant’Antonio

Basilica di Sant'Antonio

Pur non essendo la Cattedrale (quest’ultima intitolata a Santa Maria Assunta), la Basilica di Sant’Antonio è di gran lunga l’edificio religioso più importante di Padova. Anzi, è limitativo circoscriverne l’importanza al solo ambito cittadino, dal momento che questa chiesa, con oltre sei milioni di pellegrini l’anno, è in assoluto uno dei luoghi più importanti della cristianità. Dal punto di vista architettonico richiama nell’insieme la Basilica di San Marco a Venezia. La circostanza, però, non impedisce di apprezzarne e approfondirne le sovrapposizioni stilistiche che caratterizzano l’esterno. Per dire, la facciata tradisce una chiara impronta romanica; gli archi, invece, hanno impronta gotica, mentre le cupole sono bizantine e i campanili arabeggianti. Un mix di stili che all’interno invece lascia spazio a una sontuosa austerità. Tra le cose da vedere, segnaliamo a volo d’uccello la Cappella del Gattamelatala Cappella di San Giacomo e, soprattutto, la Cappella delle reliquie o del tesoro. Eretta alla fine del XVII secolo, questa cappella in stile barocco custodisce decine di calici, ex voto e reliquiari, tra cui quelli con la Lingua incorrotta di Sant’Antonio e col Mento del Santo. La cappella custodisce inoltre la tonaca del santo e la cassa in cui venne deposto il corpo all’indomani della morte avvenuta nel 1231. Per maggiori info: www.santantonio.org.

Cappella degli Scrovegni

Cappella degli Scrovegni

Dal 2021 Patrimonio Unesco, la Cappella degli Scrovegni è senza dubbio tappa imperdibile di un soggiorno a Padova. Questa chiesa, originariamente cappella privata del banchiere Enrico degli Scrovegni, è in realtà intitolata a Santa Maria della Carità. La sua popolarità deriva dal ciclo di affreschi realizzato da Giotto tra il 1303 e il 1305 lungo l’intera superficie interna dell’edificio. Il tema è la Salvezza e si dipana in due differenti percorsi: lungo le navate e l’arco trionfale le Storie della Vita della Vergine e di Cristo, mentre nella parte inferiore delle pareti maggiori i Vizi e le Virtù. Lo studio di questo ciclo pittorico – secondo la critica il più importante al mondo -, restituisce moltissime informazioni sia da un punto di vista strettamente artistico: Giotto anticipa tecniche pittoriche che troveranno piena maturazione soltanto un secolo dopo, in pieno Rinascimento; sia dal punto di vista teologico: l’intero ciclo decorativo, infatti, è intriso del pensiero di Sant’Agostino. Tuttavia, anche prescindendo da questi aspetti riservati agli studiosi, la vista degli affreschi della Cappella degli Scrovegni, compreso il bellissimo cielo stellato della soffitta, affascina pure chi è a digiuno di storia dell’arte. Infine una curiosità: Rinaldo degli Scrovegni, padre del già citato Enrico, venne messo da Dante nell’Inferno della Divina Commedia per usura. Maggiori informazioni: www.cappelladegliscrovegni.it.

Attenzione ai borseggiatori

Attenzione ai borseggiatori

Le precauzioni sono le solite: evitare di girare con molti contanti; lasciare incustodita la borsa ai tavolini del bar; tenere il portafogli nel taschino posteriore dei pantaloni; camminare da soli in spiaggie non affollate; fare l’autostop eccetera. Per il resto, il sud della Thailandia è un posto tranquillo e ben presidiato dalle forze di polizia. Perciò, niente paura e buona vacanza!

Cavalcare gli elefanti

Cavalcare gli elefanti

Sebbene le escursioni a dorso di elefante continuino a essere vendute e pubblicizzate, questa pratica incontra sempre meno sostegno perché ritenuta irrispettosa del benessere del pachiderma. Del resto abbiamo parlato anche di questo aspetto (vd. punto 9): negli ultimi anni sono sorti diversi parchi, santuari, aree protette dove è possibile interagire con l’animale rispettandone abitudini e habitat.

Indossare vestiti corti nei luoghi religiosi

Indossare vestiti corti nei luoghi religiosi

Abbiamo già accennato a questo aspetto nel corso dell’articolo (vd. punto 2). Quando si visitano luoghi sacri – dai tempi buddisti alle moschee – bisogna indossare abiti adeguati: il minimo richiesto sono le maniche lunghe e pantoloni (o gonne) che arrivino perlomeno sotto le ginocchia. Altra cosa: all’ingresso di tempi e moschee è d’obbligo togliersi le scarpe.

Le spiagge di Phuket

Le spiagge di Phuket

Phuket è soprattutto una destinazione balneare in cui si viene, appunto, per godere del mare e delle spiagge. Spiagge che sono in tutto una trentina grosso modo divise per due tipologie: ci sono quelle come Patong Beach, Kata Beach, Karon Beach, Bang Tao attorno alle quali sono sorti resort, negozi, vita notturna e più in generale dotate di tutti i servizi propri di una moderna località turistica. Ce ne sono altre, invece, come la già citata Freedom Beach e Surin Beach rimaste in qualche modo “libere“: non che manchino attività turistiche ma sono restate laterali all’impetuoso sviluppo che ha interessato l’isola. A questa seconda tipologia appartengono anche Ya Nui; Mai Khao; Nai Harn eccetera. 

Santuario degli elefanti

Santuario degli elefanti

In Thailandia il trekking a dorso di elefante è sempre stato molto diffuso. Non sempre, però, tale pratica si è rivelata rispettosa del benessere animale. A lungo andare il turismo ha finito col nuocere a questi imponenti pachidermi perlomeno in due modi: infliggendogli notevoli carichi di lavoro e sottraendo loro l’habitat necessario a sopravvivere. Tuttavia, negli ultimi anni, si è corso ai ripari con la creazione di ambienti protetti dove il contatto e l’interazione con gli elefanti avviene nel pieno rispetto della loro integrità psico-fisica. Un po’ ovunque in Thailandia sono sorti dei veri e propri santuari dove è possibile osservare, giocare e perfino dar da mangiare agli elefanti assecondandone, però, abitudini e stili di vita. A Phuket sono diversi i parchi che consentono quest’esperienza (Elephant Care Park; Green Elephant Sanctuary Park; Phuket Elephant Jungle Sanctuary). Come per le Isole Similan, spesso l’attrazione è compresa nel pacchetto di soggiorno. Se non lo è, conviene rimediare. Da fare!       

Similan Islands

Similan Islands

Anche nelle località più esotiche è ormai quasi impossibile trovare luoghi davvero incontaminati, in cui cioè l’antropizzazione non abbia alterato più o meno significativamente il territorio. Non così la Thailandia dove, anche grazie a un’accorta politica statale, questi scenari esistono ancora. È il caso delle Isole Similan a circa 1 ora e 30 minuti di navigazione da Phuket. Si tratta di un arcipelago di 9 isole interamente disabitato e visitabile da novembre ad aprile: da maggio a ottobre, infatti, durante la stagione dei monsoni, il governo thailandese vieta la visita di questo parco marino istituito nel 1982. Una misura necessaria a proteggere un habitat straordinario, popolato da un’infinità di specie (squali, mante e una molteplicità di altri pesci che vivono lungo le barriere coralline). Il modo più semplice di prenotare una visita alle Similan Islands è inserirle nel pacchetto di viaggio insieme alla struttura ricettiva. Non ve ne pentirete, tanto più se si è appassionati di snorkeling e immersioni. Naturalisticamente il paesaggio non ha nulla in meno alle più famose Maldive. Da fare!

Phi Phi Island

Phi Phi Island

L’immagine perfetta, quasi stereotipata, dello stile esotico e tropicale: queste sono le Phi Phi Island, piccolo arcipelago del Mare delle Andamane costituito da 2 isole più grandi – Phi Phi Don e Phi Phi Leh – e una serie di isolotti più piccoli. Amministrativamente le Phi Phi Island appartengono al distretto di Krabi, nella Thailandia del Sud. Non a Phuket, quindi, anche se da quest’ultima sono facilmente raggiungibili in meno di un’ora di navigazione. L’isola più gettonata é Phi Phi Leh: alla base del grande successo turistico c’è il film del 2000 “The Beach” con Leonardo DiCaprio. La pellicola hollywoodiana svelò per la prima volta al grande pubblico i paesaggi paradisiaci di Maya Bay e le vicine Lagoon Bay e Bamboo Island. Koh Phi Phi Don, invece, ospita resort, guesthouse, ristoranti, negozi e numerosi centri diving. Pur votata al turismo di massa non mancano però scenari assolutamente suggestivi come la famosissima Long Beach, proprio di fronte la disabitata Koh Phi Phi Leh. Da vedere!  

Baia di Phang Nga

Baia di Phang Nga

Senza dubbio tra le tappe imperdibili di una vacanza a Phuket, Phang Nga Bay si trova a nord-est dell’isola ed è facilmente raggiungibile dal porto di Phuket sia a bordo delle tipiche lance thailandesi (longtails) che a bordo di mini crociere organizzate. Queste ultime, però, avendo tempi contingentati, non consentono di approfondire la conoscenza di un ambiente naturale unico, caratterizzato dal susseguirsi di formazioni calcaree e da una vegetazione fittissima. Soprattutto, i tour organizzati non consentono di andare alla scoperta delle innumerevoli insenture (hangs) della baia, tanto più che in alcune di queste ci si può addentrare solo se la marea lo consente. Per farlo bisogna prenotare in loco delle escursioni in kayak con guide del posto. Da vedere Ko Tapu, l’iconico isolotto presente nel film del 1974 “Agente 007 – L’uomo dalla pistola d’oro” (The Man with the Golden Gun) con Roger Moore nei panni di James Bond e Ko Pannyi, più conosciuta come Sea Gypsy Island per via dell’insediamento di palafitte costruite da pescatori locali tutt’attorno la costa. Essendo quasi tutta la popolazione di fede musulmana c’è anche una moschea e, volendo, a Ko Pannyi ci si può anche fermare una notte. Una soluzione quest’ultima, particolarmente consigiliata a chi desidera approfondire cultura, tradizioni e stile di vita del posto che si sta visitando. Da vedere!

Phuket Town

Phuket Town

Per approfondire il genius loci di un territorio non basta volgere lo sguardo all’architettura religiosa; spesso anche quella civile offre una molteplicità di spunti. Questo è particolarmente vero nel caso di Phuket Town, l’omonimo capoluogo dell’isola. Il centro storico di Phuket Town, infatti, è un gioiello dell’architettura sino-portoghese, stile sui generis esito dell’ibridazione tra l’architettura cinese e quella portoghese. Cinese è la disposizione degli spazi interni e l’uso prevalente di legno e pietra, mentre lo stile lusitano è facilmente rinvenibile nei barocchismi degli esterni. Anche la Chinatown di Singapore reca molte tracce di quest’architettura coloniale, tuttavia non quante ce ne sono a Phuket dove, anche grazie al sapiente progetto di recupero sostenuto dal governo thailandese a metà degli anni ’90 del secolo scorso, questo mix di arte europea e orientale è diventato una forte attrazione turistica. Basta passeggiare su Thalang Road e Sai Rommani per rendersene conto. Segnaliamo, inoltre, il tempio cinese di Jui Tui, dedicato al dio dei vegetariani Kiu Wong In, e la collina di Rang Hill nella periferia nord-occidentale di Phuket Town da dove si gode una bella vista della città. Da vedere!