Giardini Barrakka

Giardini Barrakka

Gli spazi verdi sono parte integrante della storia di Malta, testimonianza preziosa dell’influenza italiana e inglese nel vissuto dell’isola. Ce ne sono diversi e sono la soluzione ideale per riposare, scattare foto e più in generale per sottrarsi qualche ora al tran tran che scandisce la vita quotidiana in un territorio densamente abitato come quello maltese. I più famosi e visitati sono i “Giardini Barrakka” o, per dirla all’inglese, “Barrakka Gardens”. Il motivo della loro fama è senza dubbio la grande panoramicità con una vista che spazia tra terra e mare quasi senza soluzione di continuità. Sono divisi in due piani: “Lower Barrakka Garden” dove c’è il monumento a Sir Alexander Ball, primo governatore inglese dell’isola; e “Upper Barrakka Garden” dove ci sono diverse installazioni artistiche, tra cui “Les Gavroches” scultura in bronzo dell’artista Antonio Sciortino (1879-1947), nel 2012 ripresa dal governo maltese su una moneta commemorativa emessa in tiratura limitata. Da vedere!

Hypogeum di Hal Saflieni

Hypogeum di Hal Saflieni

Uno dei monumenti preistorici di maggior valore al mondo scoperto per caso nel 1902 durante alcuni lavori di costruzione. L’ipogeo di Hal Saflieni, nella città di Paola a sud dell’isola, è un santuario sotterraneo interamente scavato nella roccia e suddiviso su tre livelli, approssimativamente realizzati tra il 3600 e il 2400 a.C. Nell’Hypogeum, patrimonio dell’Umanità Unesco, è consentito un numero massimo di 80 visitatori al giorno per cui è necessario prenotare la visita guidata con largo anticipo al sito heritagemalta.org. Sul posto, invece, è possibile acquistare i biglietti presso il Centro visitatori dell’Hypogeum a Paola, oppure presso il Museo Nazionale di Archeologia a La Valletta (nella foto “Sleeping Lady” – Dea della Morte e della Rigenerazione rinvenuta nell’Ipogeo e custodita nel Museo di Archeologia).

Blue Lagoon

Blue Lagoon

Blue Lagoon (Laguna Blu) è l’attrazione principale dell’isola di Comino. Come è facilmente intuibile dal nome, l’aspetto sbalorditivo di questa piccola insenatura è il luccichio del mare. Acque cristalline in cui è bellissimo immergersi, fare snorkeling, scattare foto e video, magari con l’ausilio di una Go-Pro. Il consiglio, perciò, è di non dimenticare maschera, boccaglio, macchina fotografica e tutto l’occorrente per immortalare immagini e ambienti che non hanno nulla da invidiare alle più famose località caraibiche. Unico inconveniente l’affollamento, specie nei mesi di luglio e agosto. Il suggerimento, in questo caso, è di partire la mattina presto dal porto di Cirkewwa. Sul posto è possibile noleggiare ombrellone, lettino e sdraio, e sono inoltre presenti diversi bar-ristoranti per rifocillarsi in alternativa al pranzo al sacco. Da vedere!

Mnajdra e Hagar Qim

Mnajdra e Hagar Qim

Che c’è di più vecchio di Stonehenge in Inghilterra? La risposta è i due templi di Mnajdra e Hagar Qim, nel versante sud-occidentale dell’isola. Non a caso, queste grandi strutture megalitiche sono Patrimonio Unesco. Sia, chiaramente, per l’enorme valore storico-archeologico (si stima siano state realizzate tra il 3600 e il 3200 a.C.) ma anche per la location meravigliosa, a picco sul mare con vista privilegiata sulla piccola isola di Fifla. Molti dei reperti che sono stati ritrovati in loco, altari, colonne e bassorilievi (famose le statue della “signora grassa”) sono custodite nel Museo Nazionale di Archeologia a La Valletta.
Orari:
>> tutti i giorni dalle 9.00 alle 17.00
Chiusi il 24, 25 e 31 Dicembre, 1 Gennaio e Venerdì Santo
Biglietto: 10,00 €uro

Cosa si mangia

Cosa si mangia

Al netto dei pochi a cui piace sperimentare, gli italiani in vacanza all’estero spesso pretendono di mangiare come a casa. Altrettanto spesso con risultati disastrosi. Malta è un’eccezione. A parte la facile reperibilità dei prodotti italiani in tutti i supermercati, la cucina tradizionale maltese non è poi tanto diversa da quella italiana. Zuppe di pesce, polpi, totani e aragoste sono all’ordine del giorno (da non perdere il mercato del pesce la domenica mattina a Marsaxlokk) anche se il piatto tipico dell’isola è il coniglio. Un primato questo che Malta condivide con Ischia, dove il coniglio è quasi una religione, anche se quello maltese è più speziato e “rosso” rispetto alla ricetta ischitana. Assolutamente da provare i “pastizzi”, dolci di pasta frolla ripiena con ricotta e purea di piselli (vd. foto). Si vendono dappertutto, anche se è meglio puntare su una pastizzeria (locale specializzato nella preparazione della pietanza) anziché entrare nel primo bar che capita. Ottimo anche il vino. Pure se non è possibile far paragoni con l’Italia, l’enologia è un settore in costante crescita. Le aziende sul territorio sono diverse e quasi tutte visitabili. Per il resto la dimensione cosmopolita dell’isola ha avuto riflessi anche sulla gastronomia. A Malta si può mangiare cinese, thai, francese, inglese e naturalmente italiano. Occhio, però alle “trappole per turisti” che promettono molto e offrono poco.

Cattedrale di San Giovanni Battista

Cattedrale di San Giovanni Battista

La prima cosa che balza agli occhi visitando la Cattedrale di San Giovanni Battista a La Valletta è il contrasto tra l’esterno e l’interno. Il primo, semplice, con la facciata principale e le due torri campanarie, cui fa da contraltare il gran numero di decorazioni interne, tipico dell’arte barocca del ‘600. Gli affreschi che decorano il soffitto sono stati realizzati quasi tutti da Mattia Preti, pittore calabrese alle dipendenze dell’Ordine dei Cavalieri di Malta che fondarono la chiesa nel 1577. E infatti qui sono sepolti i Gran Maestri di quest’ordine il cui scopo era proteggere il Mediterraneo dai pericoli e le insidie provenienti dall’Impero Ottomano. Anche le cappelle presenti nelle due navate laterali sono in pari numero (otto) alle lingue parlate dai Cavalieri, a riprova della dimensione europea di quest’ordine religioso direttamente alle dipendenze del Vaticano. Detto brevemente delle decorazioni interne, c’è molto altro ancora da vedere. Soprattutto, le due opere di Caravaggio custodite nell’Oratorio. Stiamo parlando del dipinto di “San Girolamo” e “La Decollazione di San Giovanni Battista”. Specie in quest’ultima opera sono rinvenibili molti tratti salienti dell’arte pittorica del Merisi, dai giochi di luce alla grande drammaticità delle scene ritratte (in questo caso, il momento della decapitazione del Battista). Infine, una curiosità. Quella di San Giovanni Battista è in verità una con-cattedrale. Divide infatti il titolo con l’altrettanto bella chiesa di San Paolo nella vicina città di Medina.
Orari:
>> lunedì-venerdì ore 9.30/16.30
>> sabato ore 9.30/12.30
Ultima entrata 30 minuti prima della chiusura.

Biglietti:
Intero: 6,50 €uro
Ridotto: 3.50 €uro

Gozo

Gozo

In rete può capitare di leggere giudizi poco lusinghieri su Malta: affollata; difficile da girare in bus; con spiagge piccole e strapiene, specie in alta stagione. In parte è vero, inutile negarlo, anche se molto dipende dal periodo e dal “taglio” che si vuol dare alla vacanza. Un’idea, che è poi quella che abbiamo provato a seguire anche qui, è quella di lasciar perdere le spiagge, a vantaggio delle tante attrazioni storico-culturali presenti. Per il mare e le spiagge, infatti, meglio guardare alla vicina isola di Gozo, distante solo 4 chilometri. L’imbarco è a Cirkewwa, piccolo porto del versante nord-occidentale di Malta da cui è possibile raggiungere anche Comino, con i suoi 3,5 km la più piccola delle tre isole abitate dell’arcipelago. Gozo, invece, tanto piccola non è, essendo più di 60 km quadrati per una popolazione di circa 30.000 unità. Detto questo, l’ambiente e i ritmi sono molto diversi da quelli di Malta. Soprattutto se vi piace trascorrere le giornate al mare e in spiaggia allora si può benissimo far base su quest’isola e destinare a Malta, invece, il termpo necessario a vederne le diverse attrazioni. Imperdibile, la spiaggia di Dwejra, a ovest dell’isola, famosa per Azure Widow (Finestra Azzurra, in italiano – vd. foto), enorme arco di roccia che è la cartolina indiscussa del territorio. Non c’è solo Dwejra. Anche Rambla Bay (Baia di Rambla, in italiano) con la sua sabbia dal caratteristico color rosso scuro merita di esser vista. Come del resto, merita di esser visitata Victoria, il centro principale di Gozo, dove sono concentrate il maggior numero di attività lavorative e commerciali dell’isola.

Villaggio di Marsaxlokk

Villaggio di Marsaxlokk

È nei luoghi meno turistici e affollati che si trova la vera essenza di una località. In un posto di mare, poi, per di più un’isola, la probabilità che il genius loci abiti in un villaggio di pescatori è (quasi) una certezza. Perciò, una volta a Malta, la visita del villaggio di Marsaxlokk (Marsa Scirocco, in italiano), nel versante sud-orientale dell’isola è obbligatoria. Un villaggio colorato di verde, blu, giallo, azzurro, in cui a dominare la scena sono i “luzzu” le tradizionali imbarcazioni da pesca maltesi (vd.foto). Naturalmente il villaggio si anima in occasione del mercato del pesce la domenica mattina, ma non c’è solo il pescato a scandire i ritmi di vita della località. Altre due voci importanti dell’economia locale sono l’artigianato (ricami, pizzi, merletti, stoffe) e la ristorazione, con i tanti piatti della tradizione marinara dell’isola. In una parola: Mediterraneo.

I dintorni

I dintorni

Il Friuli Venezia Giulia è una regione talmente bella e ricca di storia che a indicare una località si fa inevitabilmente torto a un’altra. Detto questo, la Riserva Naturale Foci dell’Isonzo merita senza dubbio una visita. La riserva si estende nei comuni di Staranzano, San Canzian d’Isonzo, Fiumicello e Grado e dista all’incirca 40 chilometri da Trieste. In alternativa, si fa per dire, le Grotte di San Canziano (o Grotte di Škocjan) in territorio sloveno.
Per maggiori informazioni:
www.parks.it/riserva.foce.isonzo
www.park-skocjanske-jame.si/it

Cosa si mangia

Cosa si mangia

La cucina triestina è un melting pot gastronomico, un ibrido dove si fondono sapientemente la tradizione mediterranea istriano-dalmata, quella continentale austro-ungarica e quella contadina dell’entroterra carsico. Perciò c’è di tutto: zuppa di pesce, goulash, insaccati e minestre di legumi. Poi ci sono i dolci e i dessert degli storici caffè triestini che in diversi casi sono diventati anche ristoranti. O meglio un incrocio tra bar, trattoria e tavola calda dove ci si siede e si sceglie di tutto. Primi, secondi, bianchi e rossi al calice, presnitz, coch, kuguluf (questi i nomi di alcuni dolci) e oltre cento tipi diversi tra caffè e cappuccini. Insomma, davvero c’è solo l’imbarazzo della scelta. Provare per credere!

Risiera di San Sabba

Risiera di San Sabba

L’unico lager nazista dell’Europa meridionale. È con questa motivazione che nel 1965 il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat dichiarò, con apposito decreto, la Risiera di San Sabba Monumento Nazionale. Dopo il 1943, i tedeschi trasportarono in quest’area adibita alla pilatura del riso, migliaia di partigiani, sloveni, croati, ebrei ed oppositori politici catturati nel corso dei rastrellamenti a tappeto. Molti di questi – la stima più attendibile è di 5.000 persone – furono uccisi sul posto, mentre altri, comprese donne e bambini, vennero trasferiti nei campi di concentramento di Auschwitz e Dachau. Questo luogo di morte e sterminio è stato adibito a Museo Civico proprio per non render vano il sacrificio di così tante vittime innocenti. Subito dopo l’ingresso, sulla sinistra, si trova la “cella della morte”, uno stanzone quadrato che fungeva da sala d’attesa per i condannati. Le esecuzioni avvenivano per fucilazione, oppure con un colpo di mazza alla nuca. La gassazione, invece, avveniva con i gas di scarico di alcuni furgoni non essendoci una vera e propria camera a gas. Il forno, al contrario, c’era eccome, anche se i tedeschi al momento di evacuare l’area provvidero a farlo saltare in aria sperando così di cancellarne le tracce. Segni che invece sono rimasti evidenti, a partire proprio dalla mazza ferrata utilizzata per le esecuzioni (quella esposta, tuttavia, è una copia essendo l’originale stato trafugato anni fa), per non dire delle ceneri e i resti umani di migliaia di persone. Insomma, un “luogo della memoria” di fondamentale importanza storica che ogni anno supera regolarmente le 100.000 visite. Tranne il 1 gennaio e il 25 dicembre, il Civico Museo della Risiera di San Sabba è aperto al pubblico tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 19.00. L’ingresso è libero.

La sinagoga

La sinagoga

La Sinagoga è il segno più tangibile della centralità della comunità ebraica nella storia della città. Solo per citare un dato, nel 1938 Trieste contava oltre 6000 residenti di origine ebraica. Perciò, cinque anni dopo, nel 1943, quando cominciò l’occupazione tedesca, la città pagò un tributo alto sia in termini di vite spezzate ((la Risiera di San Saba venne trasformata nell’unico dei quattro lager realizzati dai nazisti in Italia dotato di forno crematorio) che per le ricchezze e le opere d’arte trafugate. Molte delle quali vennero custodite proprio nella Sinagoga prontamente occupata dai militari del Reich sotto il comando dell’austriaco Friedrich Rainer. Perciò la riapertura al culto dell’edificio, al termine della Seconda Guerra Mondiale, ha rappresentato un evento molto importante sotto il profilo simbolico. Detto questo, la Sinagoga di Trieste merita anche da un punto di vista estetico. Tutto, dal rosone (vd.foto) ai pavimenti, le decorazioni e i lampadari testimonia la grandeur di una comunità ancora importante, anche se decimata rispetto al secolo scorso.

Per maggiori informazioni
Sito:
www.triesteebraica.it
Facebook:
Comunità Ebraica di Trieste

Grotta gigante

Grotta gigante

La Grotta Gigante è quello che nel linguaggio pubblicitario gli anglosassoni definiscono “must”, vale a dire un appuntamento imperdibile, una cosa assolutamente da fare. E in effetti, quasi non c’è lista con le cose da fare e vedere a Trieste che non elenchi questa grotta risalente al neolitico. Grotta che ha fornito anche un contributo fondamentale alla nascita della speleologia moderna, dacché le prime esplorazioni sostenute da criteri scientifici sono state effettuate proprio in questo anfratto a partire dal 1840 del secolo scorso. Lo sviluppo turistico, invece, risale ai primi del ‘900 ed è successivo alla realizzazione della scala d’ingresso (500 gradini) e all’elettrificazione della “Grande Caverna”, la sala principale della grotta situata a 120 metri sotto la superficie, lunga circa 170 metri e larga circa 80 metri. Ovviamente, un sito così importante da un punto di vista naturalistico non poteva che averne anche uno digitale con tutte le informazioni necessarie per la visita (www.grottagigante.it). Dal canto nostro, l’unica raccomandazione è quella di indossare un abbigliamento adatto all’escursione. Non solo le scarpe, ma anche una felpa (o indumento simile) tenuto conto della profondità e della diversa temperatura. Da vedere!

I caffè

I caffè

Quello di Trieste con il caffè è un rapporto antico e complesso. Da anni, il suo porto è il più importante per la commercializzazione del prodotto. Giornalmente arrivano qui chicchi e macine provenienti da ogni angolo del pianeta, destinate alla successiva commercializzazione in tutta Europa. Non stupisce perciò che a Trieste sia nata un’industria legata all’importazione, alla lavorazione e all’esportazione del caffè, che ha nella “Illy” sicuramente la sua azienda più rappresentativa. Ma “caffè” a Trieste significa anche locali storici che sarebbe riduttivo definire semplici bar, anche se di questo si tratta. Luoghi di incontro per scrittori e poeti – solo per dirne alcuni, Italo Svevo, Umberto Saba, Claudio Magris e Paolo Rumiz – ma in passato anche luoghi di incubazione dell’irredentismo triestino. Infine, caffè a Trieste significa anche ordinare un “capo in b tanta” o un “goccia“. Con la prima ordinazione si intende un caffè espresso macchiato in bicchiere, mentre con la seconda, un caffè con una goccia di schiuma. E non è certo finita perchè poi ci sono il “nero” (espresso in tazzina), il “nero in b” (caffé espresso in bicchiere) e tante, tante altre varianti tutte da provare.

Faro della Vittoria

Faro della Vittoria

Un faro, il più potente dell’Adriatico, che è anche un monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale. L’iscrizione alla base della struttura “Splendi e ricorda i caduti sul mare” ci dice subito quali fossero le intenzioni dell’architetto triestino Arduino Berlam che progettò l’opera all’indomani della disfatta di Caporetto e la battaglia del Piave. La scritta non è l’unica traccia commemorativa della vittoria sull’Impero Austo-Ungarico. Ci sono la scultura del Marinaio Ignoto, opera di Giovanni Mayer, realizzata dal maestro scalpellino Regolo Salandini, e l’ancora dell'”Audace”, il cacciatorpediniere della Marina Italiana attraccato sul molo di Trieste nel 1918. La costruzione del Faro della Vittoria cominciò nel gennaio del 1923 e terminò nel maggio del 1924. All’inaugurazione della struttura, alta più di 60 metri, partecipò in prima persona il re Vittorio Emanuele III. Dopo sette anni di chiusura, dal 1979 al 1986, il faro è tornato a essere visitabile grazie a una convenzione del Ministero della Difesa con la Provincia di Trieste. Ultima curiosità: sulla cupola svetta la statua in rame della Vittoria Alata, altra opera dello scultore triestino Giovanni Mayer, realizzata dall’artigiano del rame e del ferro Giacomo Sebroth. Per maggiori informazioni su storia, orari, prezzi e modalità di visita: www.farodellavittoria.it.