A Marrakech (o Marrakesh) è vietato annoiarsi. I colori, l’architettura, i souq, i tramonti infuocati, il canto del muezzin sono gli aspetti che attraggono ogni anno milioni di visitatori. Numeri importanti, tanto più se si considera che la parte turistica coincide di fatto con la Medina, la “città vecchia”. Nella Ville Nouvelle, la “parte nuova”, dove vive la maggioranza della popolazione (Marrakech conta circa 1 milione di abitanti), a parte il Jardin Majorelle e poche altre attrazioni, non c’è molto da vedere. Ma al di là delle cose da fare in vacanza, quel che colpisce è l’umanità: dai commercianti, agli incantatori di serpenti, passando per i tassisti e i tanti occidentali che, complice anche il clima, hanno eletto la città a proprio “buen retiro”, Marrakech è un vero e proprio crocevia: innanzitutto tra la sua parte rurale e quella dedita ai commerci (solo Casablanca ha un numero maggiore di attività commerciali), e più in generale tra l’Africa sub-sahariana e l’Europa, specie la Francia il cui protettorato ha influenzato notevolmente usi e costumi cittadini. A seguire passiamo in rassegna le principali attrazioni della città. Buona lettura.
Marrakech
9 cose da fare e vedere a Marrakech e 4 da non fare
1 Jemaa el Fna
In apertura abbiamo accennato all’influenza francese sulla città. La forte eredità culturale è presente anche nella toponomastica. Non a caso, Jemaa el Fna, cuore nevralgico di Marrakech, è conosciuta pure come la “Place”. Non una piazza qualsiasi, ma la più frequentata dell’intera Africa (dal 2001 Patrimonio dell’Umanità UNESCO) con migliaia di persone che l’attraversano a tutte le ore del giorno e della notte. Un mix di artisti di strada, chiromanti, scrivani, erboristi, ammaestratori di scimmie e di iguana che si guadagnano da vivere su quest’enorme “piazza-palcoscenico”. Un luogo che restituisce anche la complessità del continente contro tutte le letture stereotipate dell’Africa. Prendiamo ad esempio i musicisti e danzatori “gnaoua” che dal crepuscolo in poi allietano la piazza con musica, balli e canti. Storicamente provengono dal Ghana, dal Sudan, dal Mali, dalla Nuova Guinea e, nel corso dei secoli (la loro venuta in Marocco risalirebbe al XVII secolo), hanno conservato usi e costumi dei paesi di provenienza ibridandoli, però, con le influenze berbere, arabo-andaluse e islamiche. Un miscuglio su cui, come non bastasse, si è innestata nel corso del ‘900 la cultura francese. Insomma, una storia complessa che certo non può esser colta in tutte le sue sfumature in una volta sola: perciò a Jemaa el Fna occorre tornare più volte, tenendo anche conto della corsa del sole. A seconda dell’ora, infatti, cambiano le atmosfere della piazza fino ai tramonti infuocati che vale assolutamente la pena immortalare.
2 I souk
Vale per i souk quanto già detto a proposito di Jemaa el Fna. Con ogni probabilità, infatti, durante il vostro soggiorno tornerete più volte a visitare quest’intricatissimo dedalo di viuzze dove si vende praticamente di tutto. E, ogni volta, nonostante la cartina e la vista del minareto di Koutoubia, vi perderete. Niente paura, però. Perdersi tra i souk di Marrakech è un’esperienza bellissima e, forse, è il modo migliore per godere appieno delle atmosfere e dell’umanità varia che affolla questi vicoli pieni di botteghe. Olive (vd. foto), datteri, noci, frutta secca, gioielli, servizi da tè, le immancabili babbucce e un’infinità di altri prodotti più commerciali che però, magicamente, assumono un tocco esotico per il contesto sui generis in cui sono esposti. Insomma, fermo restando quanto detto sopra, è un obbligo dedicare almeno mezza giornata alla scoperta dei souq di Marrakech. Tra l’altro, potrete approfittarne per vedere altre situazioni che pure meritano una visita. Due in particolare: la Maison de la Photographie, spazio dedicato alla fotografia marocchina dal XIX secolo ai giorni nostri e il piccolo, ma grazioso, Musée de Marrakech vetrina dell’artigianato tipico locale.
3 Medersa di Ali ben Yousef
Per fortuna a Marrakech l’architettura arabo-andalusa è ovunque e perciò non poter visitare gli edifici sacri non è poi una gran perdita. Tra le poche eccezioni, la medersa (o madrasa) di Ali ben Yousef, scuola coranica del XIV secolo che ha chiuso definitivamente i battenti nel 1962. Nel periodo di massimo splendore l’edificio ospitava 900 studenti e per moltissimo tempo ha rappresentato la scuola coranica più grande del Maghreb. Visitare la medersa significa entrare in sintonia col meglio dell’arte ispano-moresca tra marmi, stucchi, ceramiche e decorazioni geometriche che sopperiscono all’impossibilità, prevista dall’Islam, di rappresentare figure umane e altri zoomorfismi. La Medersa di Ali ben Yousef è visitabile tutto l’anno ad eccezione, ovviamente, delle festività religiose. Possibilità di biglietto cumulativo con il vicino Musée de Marrakech. Da non perdere!
4 I funduq di Rue Mouassine
I funduq di Rue Mouassine sono un altro “must see place” di Marrakech. Siamo sempre nella Medina, poco distante dalla Jemaa el-Fna e dal dedalo dei souk. Al pari di questi luoghi anche i funduq sono adibiti prevalentemente al commercio. Con una particolarità, però: anziché in piazza o nei pittoreschi souq, le transazioni avvengono all’interno di palazzi con portali imponenti e ampi cortili dove vengono stipate le merci. Va detto che molti dei funduq di Mouassine vertono in stato di abbandono, mentre altri, fortunamente, sono stati riadattati a botteghe artigiane che, con la loro attività, proiettano i visitatori più attenti in una dimensione molto antica, quando anche altre città come, per esempio, Genova, Napoli e Venezia presentavano questo particolare elemento architettonico (fóndaco) oggi scomparso quasi del tutto. Da vedere!
5 Palazzo Bahia
Un viaggio alla scoperta dell’architettura tradizionale marocchina non può prescindere dalla visita di Palazzo Bahia. L’edificio si trova sul versante nord della Medina, al confine con l’antico quartiere ebraico (Mellah) e pur non essendo del tutto certa la data di costruzione, sappiamo che la residenza era già in uso nel 1860 e che fu completata all’inizio del XX secolo. Non solo. Sappiamo anche che le due fasi di realizzazione dell’edificio furono opera di padre e figlio: la prima parte fu costruita tra il 1859 e il 1873 da Si Moussa, consigliere (visir) del sultano Sidi Mohammed Ben Abd al Rahman; la seconda, invece, da Ba Ahmed, figlio di Si Moussa, e a sua volta visir del sultano Moulay Abd al-Aziz. Pare che i motivi che spinsero Ba Ahmed a ingrandire ulteriormente il palazzo furono due: innanzitutto superare l’opera paterna ma, soprattutto, costruire una dimora grandiosa per ospitare la “Bahia” (trad. “la Bella” da cui anche il nome dell’edificio), la preferita delle sue 4 mogli. A parte l’aneddotica, Palais de la Bahia merita soprattutto da un punto di vista architettonico. Infatti, non c’è metro quadro delle sue 150 stanze (non tutte visitabili) che non sia stato decorato, intarsiato, inciso secondo i canoni estetici dell’arte moresca. Marmo, terracotta, faggio e cedro i materiali utilizzati per la costruzione di quest’edificio che oltre a essere un’attrazione turistica, viene usato dal re Mohammed VI per visite di Stato e incontri internazionali.
6 Tombe dei Saaditi
Una delle più alte opere d’arte del Marocco se non dell’intero nord Africa. È questa la consapevolezza che deve accompagnarvi nella visita alla necropoli dei Sa’aditi poco lontano (nella stessa piazza) dalla Moschea della Kasbah. Un’opera d’arte scoperta nel 1917 da un gruppo di archeologi francesi e riportata alla luce grazie al contributo del governo marocchino. Per apprezzare a pieno questo complesso funerario è necessario conoscere, almeno a grandi linee, le diverse dinastie succedutesi nel corso dei secoli alla guida della città e della nazione: Almoravidi, Almohadi, Merenidi, Sa’aditi e Alawiti. Fu proprio un alawita, Mulay Ismail, a far murare il complesso funerario voluto nel ‘500 dal sultano saadita Ahmed el-Mansour ed Dahbi. Murare ma non abbattere dacché la profanazione di queste tombe, pur appartenendo ad altra dinastia, avrebbe rappresentato in ogni caso un sacrilegio. Ovviamente, la parte più bella e finemente decorata dell’intera necropoli è la “Sala delle Dodici Colonne” dove c’è il mausoleo dedicato ad Ahmed el Mansour “Il Vittorioso” (così chiamato per le vittorie militari conseguite contro Portogallo e Sudan). Oppure chiamato “Il Dorato” per via del lucroso commercio dello zucchero scambiato spesso con il marmo di Carrara, guarda caso presente in gran quantità in tutto l’edificio. Spicca il contrasto tra la semplicità delle tombe riservate a donne e bambini col lusso delle tombe destinate invece ad ospitare i capi di questa dinastia che nel XVI e gran parte del XVII secolo ha retto le sorti del paese. Da non perdere!
7 Jardin Majorelle
Le attrazioni fin qui descritte si trovano tutte nella parte vecchia, ma guai a dimenticare Ville Nouvelle, la parte nuova di Marrakech che, soprattutto grazie al turismo, ha conosciuto un consistente incremento demografico. Non era così negli anni ’20 del secolo scorso quando vi si trasferì il pittore francese Jacques Majorelle (da cui il nome del giardino). Innamoratosi perdutamente del Marocco, l’artista lorenense decise di creare qui un giardino botanico che, pur rispettando la tradizione arabo-andalusa, provava allo stesso tempo a discostarsene a favore di un taglio più internazionale e cosmopolita. Tendenza rintracciabile sia nella scelta delle piante ornamentali provenienti da ogni angolo del pianeta che, soprattutto, nel disegno e nell’arredamento della villa nella sua doppia funzione di atelier e residenza privata. Un’abitazione in stile art decò, tinteggiata con un particolare blu che, si racconta, Majorelle avesse mutuato e rielaborato dalle tribù berbere dei Monti Atlas. Dopo la morte dell’artista, nel 1962, il giardino e la villa attraversarono un periodo di decadenza finché, nel 1980, il grande stilista Yves Saint Lauren non decise di acquistarli scongiurando il rischio di una speculazione alberghiera che avrebbe irrimediabilmente stravolto l’anima del luogo. Invece, grazie al mecenatismo dello stilista francese e, dopo la dipartita, della fondazione che porta il suo nome, Jardin Majorelle è una delle attrazioni principali di Marrakech, perdipiù aperto tutto l’anno. Per maggiori informazioni visita il sito ufficiale: www.jardinmajorelle.com (disponibile la versione inglese).
8 Essaouira
Sono in molti a ritenere che Essaouira sia il naturale complemento di una visita a Marrakech. A dividere le due città circa tre ore di autobus, ma sono decisamente molti di più gli aspetti che le uniscono. A cominciare dalle rispettive Medine: anche quella di Essaouira, infatti, è Patrimonio dell’Umanità UNESCO ed è famosa per le sue numerosissime botteghe artigiane. Non solo. Proprio come Marrakech, anche Essaouira ha registrato storicamente una forte presenza ebraica, per molti anni addirittura maggioritaria rispetto alla popolazione musulmana. La comunità ebraica ha contribuito non poco alla spiccata vocazione commerciale della città facendone crocevia di traffici con i porti di tutta Europa. Poi, però, il protettorato francese ha depresso l’economia locale e ci sono voluti anni per reinventarsi come località turistica. Hanno deposto a favore: la vicinanza al mare, la straordinaria bellezza della parte vecchia cui abbiamo già accennato e la radicata presenza gnaoua, i discendenti degli schiavi neri deportati nel Maghreb la cui musica scandisce le giornate di Essaouira, con tanto di festival internazionale il mese di giugno. Insomma, Essaouira val bene un giorno della propria vacanza a Marrakech. Non ve ne pentirete!
9 Hammam
Per comprendere l’importanza dell’hammam nella cultura di Marrakech basti considerare che da qualche anno a questa parte c’è addirittura chi si diverte a fare il tour di questi locali in giro per la città. Ovviamente, ciò accade perché il significato turistico ha finito col prevalere su quello più autenticamente tradizionale che però ancora resiste in alcuni quartieri. Negli hammam pubblici, infatti, diversamente dagli “hammam spa” sorti negli ultimi tempi, ci si continua a lavare e massaggiare a terra. Il massaggio, che si effettua con un guanto ruvido e un particolare sapone nero, è il momento clou di questo vero e proprio rito di purificazione cui si sottopongono sia gli uomini che le donne. Ovviamente i locali sono rigidamente separati non essendo contemplata la promiscuità. Il consiglio, se si decide di entrare in un hammam pubblico è quello di portare con sè accappatoio e/o asciugamano e indumenti di ricambio. Viceversa, negli hammam più turistici e occidentalizzati i percorsi non solo sono più confortevoli ma, in molti casi ormai, sono interni alla struttura prenotata.
1 Non bere alcolici nei luoghi pubblici
L’Islam, si sa, vieta il consumo di alcolici. Questo non significa che a Marrakech non se ne bevano. Soltanto bisogna evitare di farlo in pubblico, soprattutto in prossimità dei luoghi sacri. Perciò, se avete voglia di una birra, un bicchiere di vino o un superalcolico conviene informarsi preventivamente sui locali dove, invece, l’acquisto e il consumo di alcol sono consentiti. In alternativa si sta senza che di sicuro male non fa.
2 Non scattare fotografie senza chiedere il permesso
Prima di scattare una foto nei souq o in piazza Jemaa el Fna, è sempre meglio chiedere il consenso al diretto interessato. Nove volte su dieci il permesso sarà accordato, ovviamente previa mancia. Gli abitanti di Marrakech hanno necessità di sbarcare il lunario e perciò tendono a lucrare sul fascino esotico che i loro abiti, le loro merci e soprattutto il loro modo di porsi, esercitano sugli occidentali. Nel caso di artigiani al lavoro c’è anche un’altra preoccupazione: quella, cioè, di venire espropriati delle loro creazioni, col timore che queste poi vengano riprodotte altrove. Insomma, poche storie: bisogna predisporsi a chiedere e soprattutto a pagare.
3 Non vestire in abiti succinti
Vale per l’abbigliamento quanto già detto per l’alcol. Magari nel villaggio, nel riad, nell’hotel prenotato (per la lista degli hotel consigliati clicca qui) vi sarà consentito pure girare in bikini, minigonna, pantaloncini aderenti, o qualsiasi altra forma di trasparenza, ma per strada è meglio evitare. Anche qui, soprattutto in prossimità delle moschee e degli altri luoghi sacri dell’Islam. Allo stesso modo è preferibile evitare effusioni in pubblico. Anche solo darsi la mano potrebbe dar fastidio, a meno che non si tratti di una situazione riconducibile al menage familiare.
4 Fare attenzione al transito di biciclette e scooter
Non bastassero merci e persone ovunque, quando si passeggia in piazza o per i souq bisogna fare attenzione al continuo transito di biciclette, scooter e carretti. Fare attenzione significa soprattutto abituarsi al caos dopo l’inevitabile spaesamento iniziale. Per il resto, godetevi Marrakech.